di Sandro Belli – Protezionismo. Una parola che fa inorridire i liberisti ed in genere i fautori del libero mercato. Tuttavia parola che spunta in ogni epoca storica nella quale crisi politiche o crisi economiche si fanno maggiormente sentire. Parola che ha in ‘autarchia’ il suo peggiorativo. Eppure un senso lo possiede, facile da intuire: se le merci di un produttore invadono il tuo mercato a prezzi bassissimi, se non si può escogitare alcun modo per sopportare una concorrenza spiazzante ed aggressiva, pensare al protezionismo è quanto meno giustificabile. Vero che poi si scatenano conseguenze dannose e ripicche nei rapporti politici e sociali fra Stati, vero che il livello generale degli scambi e delle relazioni degenera, ma come ci si può difendere da un’aggressione commerciale violenta, scorretta e incontrastabile? Se si ha difronte un colosso (come oggi la Cina) che produce di tutto in grande quantità, rapido nel seguire o copiare le mode, favorito dalla disponibilità di varie risorse, non si hanno molte alternative.
Tuttavia se si vuol essere, comunque e ad ogni costo, dei sostenitori del libero scambio e non si accetta di agire da protezionisti, a me pare che un modo ci sia.
Ritenendo che due produttori debbano competere ad armi pari e pensando quindi che ad esempio non è tollerabile che le merci di un produttore siano fabbricate da minori in condizioni precarie, con materie prime non certificate e dannose alla salute, in siti produttivi insicuri o malsani, mentre le merci dell’altro produttore rispettano le regole di sicurezza, igiene, rispetto dei diritti umani, ecc.,si deve poter evidenziare e compensare questa enorme differenza fra i due contendenti.
Sui prodotti di entrambi i produttori vanno scritte e fatte conoscere con evidenza e con opportuni controlli le condizioni e le garanzie, o la mancanza di garanzie,concernenti la provenienza della merce, e le autorità competenti devono sorvegliare sulla obbligatorietà e sulla veridicità delle dichiarazioni. Il consumatore deve essere informato correttamente sulla provenienza e gli deve esser detto chiaramente : “compra ciò che vuoi, ma sappi che….”
Gli eventuali dazi imposti dagli Stati o dalle Organizzazioni specifiche dovrebbero essere proporzionati e riferiti unicamente alle differenze di ‘eticità del lavoro’, rappresentando una compensazione per chi dimostra di ben operare… per il resto: “Vinca il migliore!”.
Molto significativo è ciò che si usa in Germania, fra aziende serie, pubbliche e private : la sottoscrizione di un documento impegnativo ‘Sustainable growth and ethical trading policy’ che lega correttamente produttori clienti e fornitori al rispetto di regole precise.
Penso che se nel bresciano si potesse applicare questa metodologia, l’industria, l’artigianato e l’agricoltura della nostra provincia ne avrebbero un gran giovamento, restando in un ambito non protezionistico e difendendo la propria serietà.
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