di Sandro Belli – Ricordate la bella canzone di Gino Paoli "quattro amici al bar "divertente, triste, rigenerante. Anche noi eravamo quattro ragazzi, spesso seduti al vecchio bar all’angolo del quartiere (non era allora gestito da cinesi) proprio come nella canzone: "Eravamo quattro amici al bar / che volevan cambiare il mondo…"
Parlavamo di senso vero dell’amicizia, di libertà e fratellanza. Parlavamo di donne e di possibili grandi amori. Giocavamo a scala e a flipper. Di sera si passeggiava fino a tarda ora per discutere di ogni cosa. Progetti e sogni, qualche maledizione sui professori, ma fiducia in noi stessi. Amici veri.
Passano gli anni ed il più giovane, Giorgio inizia a fare l’architetto. La politica lo attrae, lo aiuta, lo finanzia. Infine lo fagocita. Nessuno di noi lo vede più. La falce e martello lo fa volare nell’empireo dei privilegiati. Lo incontriamo molti anni dopo. Ci sorride da lontano, abbassando il finestrino della sua nuova Porsche. Si sa… l’impegno politico non consente troppa familiarità, neppure con vecchi conoscenti! Di lui si parla come amico di Greganti, o forse di altri (non ricordo). Dicono che i suoi lavori spesso offendono paesaggi e ambiente, ma, si dice a voce bassa, sono "protetti".
Mario, il più fantasioso di noi quattro, vive ancora come “figlio dei fiori”. Suona vari strumenti, fra i quali il sitar e il violino. In tasca tiene le immagini di Yeudi Menuhin e di Mandela ed una foto sbiadita di Issa, Cristo per gli orientali. Tutti noi sappiamo che fatica ad arrivare a fine mese, ma non accetta nulla da nessuno, neppure dai vecchi amici, che lui ormai sente come ex amici. Quando si presenta, non dice il suo vero nome, ma quello di qualche personaggio dell’ultimo libro che ha letto.
Il terzo, Antonio, non entra più nel bar. Passeggia con la sua compagna (che nel quartiere chiamano ‘Prada- Gucci ‘) sempre attillata e lucidata. Lei cammina su tacchi altissimi,tanto che i maligni giurano che sia coperta da una speciale assicurazione per ‘caduta dall’alto’. Lui,con l’aria di abile e spericolato affarista, saluta affabilmente solo i suoi simili. In città si mormora che abbia più debiti che capelli e che i suoi padrini stiano per cadere in disgrazia. Ma il vecchio bar non è un luogo idoneo, non può entrare, la compagna glielo proibirebbe assolutamente ! Guai se incontrasse il vecchio amico architetto, di opposto schieramento partitico ! Ma neppure l’amico troppo spirituale, l’invecchiato figlio dei fiori.
Il quarto, io, ho assistito per un certo tempo a questo degrado amicale, prima con tristezza e stupore, poi… oggi ne scrivo, forse perché trasformare questi amici (veri individui di Brescia,di cui ho cambiato solo i nomi) in personaggi di una riflessione giornalistica è l’unico modo per superare emozioni e delusioni.
Mi chiedo: è così inconciliabile il successo con l’amicizia, anche fra diversi destini? La politica ha potuto rompere così profondamente equilibri e antichi legami ? È ancora tollerabile che un intrallazzatore affarista, spinto da una compagna arrivista e falso-donna, schiacci gli affetti e il senso profondo della vita? La divisione degli schieramenti politici in squadre fra loro divoratrici e intolleranti può essere ancor oggi il modo di esprimere la propria appartenenza sociale o ideologica, oltretutto cancellando le amicizie? Non vi pare una sciocchezza infantile da lasciare agli ultra’ ? Non vi pare che l’affanno delle tifoserie politico sociali cancelli l’individuo e lo trasformi in pecora nel gregge degli sciocchi?
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