“Sposati con figli e felici, nonostante i divieti”: la storia di una coppia gay bresciana

(di Alessia Marsigalia) Si sono sposati nel gennaio 2013 e hanno scelto di farlo in un parco a New York. Nel luglio 2014 hanno avuto due figli, un maschio e una femminuccia. Una storia classica: matrimonio, figli, vita familiare. Ma c’è un piccolo particolare: il loro matrimonio in Italia non è riconosciuto e i bambini sono "formalmente" figli di un solo coniuge. Questo perché i protagonisti di questa storia classica si chiamano Marco e Stefano (nomi di fantasia), ed essendo una coppia omosessuale, non ha diritti legali nè a Brescia, nè nella nazione intera.

Sono volati fino negli States per contrarre il loro matrimonio. "In Europa, nella maggior parte dei Paesi dove le nozze omosessuali sono legali, serve che uno dei due sia residente – ci racconta Marco – e quindi abbiamo scelto gli Stati Uniti. Lì la procedura è molto semplice. Si chiede la licenza matrimoniale online e viene assegnato un numero di pratica: a seguito del rilascio, dopo 24 ore, ci si può sposare o tramite un ufficiale giudiziario negli stessi uffici che rilasciano i documenti oppure scegliere un officiante iscritto in una albo che celebrerà il matrimonio ovunque si voglia, anche per strada o sui tetti dell’Empire State Building".  Loro hanno scelto, alla presenza di pochi amici e parenti, di farlo in un parco. "In Italia, in quanto omosessuali, il nostro matrimonio non ha valore. Nè esiste a Brescia un registro (come invece c’è a Roma, ndR)  che ne testi il valore. C’è un comitato ‘Nuove famiglie Uguali Diritti’ che ha cercato di portare in discussione in Comune questa cosa, ma nulla è andato in porto".

Allo stesso tempo i loro due bambini, nascendo in America, hanno di entrambi solo il doppio cognome,  ma allo stato delle cose in Italia hanno un solo papà. "In Usa figuriamo entrambi come genitori – ci racconta Stefano – mentre qui sono figli naturali solo di Marco".

Figli naturali perché la coppia ha scelto di affidarsi alla "Gestazione per altri", detta anche "maternità surrogata". Adottare infatti era impraticabile, troppo complicate le procedure che avrebbero comunque richiesto il nulla osta dallo Stato italiano, cosa assolutamente infattibile.

Quindi hanno deciso ancora una volta di realizzare il loro secondo sogno negli Usa che, insieme al Canada, adotta questa pratica da tempo. "Per favore non chiamatelo utero in affitto – ci tiene a precisare Stefano-. E’ un modo molto violento di definirlo, che non rende la realtà dei fatti. Noi con entrambe le donne (colei che dona gli ovuli e colei che porta avanti la gravidanza, ndR) abbiamo avuto un rapporto profondo che abbiamo intenzione di mantenere negli anni, distanza permettendo. In Italia questa pratica non è molto conosciuta e quindi si tende a vederla in negativo. In realtà, si tratta di adulti consenzienti che prendono una decisione comune. Si tratta di una donna che vuole aiutare chi non può farlo da solo. Una donna che ha una sua famiglia che noi abbiamo conosciuto, come lei conosce la nostra".

La maternità surrogata è comunque una pratica costosa: di quello che hanno speso Marco e Stefano preferiscono non parlarne, ma specificano che la cifra comprende, oltre alle spese mediche, anche le spese legali, quelle di mantenimento, quelle dei viaggi per seguire la gravidanza e quelle dell’agenzia che segue tutta la procedura. Da una breve ricerca, e da alcune dichiarazioni di avvocati che seguono le procedure per l’Italia, la cifra si aggira tra i 100mila e i 150mila di base, più tutte le spese accessorie.

Costi a parte, qui si parla di vita e nonostante loro siano, presumibilmente, la prima famiglia a due papà nel bresciano, non sembrano avere grandi problemi, anzi. "Viviamo in un piccolo paese della provincia est bresciana e, nonostante questo, dopo un principio di sorpresa iniziale, tutti sono stati molto tranquilli nel sapere che i nostri bambini hanno due papà. Dalle maestre del nido alla pediatra, siamo stati accolti con tranquillità: la società è molto più avanti della legge". Su quello che poi i loro figli dovranno affrontare in futuro, tra pregiudizi ed eventuale bullismo, sono fiduciosi: "Siamo iscritti all’Associazione Famiglie Arcobaleno e il continuo confronto con genitori nella nostra situazione ci ha molto rassicurato. Crediamo che tutto dipenda proprio da come vengono fatti crescere i bambini. Per i nostri sarà naturale avere due papà, non dovranno nascondersi, ma viverla serenamente. Se forme di pregiudizio, ignoranza ed omofobia si presenteranno loro, spero gli avremo dato tutti gli strumenti per affrontarli. Noi saremo i primi a presentarci agli altri genitori, a relazionarci con loro. Perché abbiamo visto che, dopo i primi istanti di diffidenza, basta farsi conoscere e far vedere che siamo genitori come tutti gli altri perché venga superata". 

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Redazione BsNews.it

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