La proposta a suo tempo avanzata dal prof. Valerio Terraroli (in occasione dell’iniziativa promossa da Anpi e Fiamme Verdi) d’una possibile sistemazione della statua del Bigio in una sede museale, è una proposta che il consigliere comunale Bragaglio (Pd) ritiene possa essere valutata e "rappresentare il senso d’un percorso che tenga conto anche della contrapposizione frontale presente in città".

DI SEGUITO IL COMUNICATO INTEGRALE

Ho avuto modo di riproporre la riflessione del prof. Terraroli in sede di Commissione consiliare, ritenendola la più valida da vari i punti di vista.  Anche la recente riflessione fatta da Vittorio Sgarbi a questo riguardo (rispetto della scelta della rimozione del Bigio, fatta dalla Giunta nel dopoguerra, ma anche recupero artistico della statua del Dazzi) trova nella scelta della musealizzazione la soluzione, anche a mio giudizio, eventualmente più opportuna. I tentativi fatti dal Centro Destra, in sede di Consiglio Comunale, per trovare decenti motivazioni per respingere la petizione promossa da Anpi e Fiamme Verdi sono risultati del tutto inconsistenti e contraddittori. E per taluni aspetti pesantemente provocatori. Da una parte si è cercato di far riferimento al recupero della “brescianità”. Mentre di “romanità” si sarebbe eventualmente dovuto dire, da parte della Lega, visto che di bresciano non c’è nulla. Non il contesto della piazza progettata dal Piacentini (a seguito degli “sventramenti” del quartiere medievale), non i motivi celebrativi del Regime, non l’autore della statua, non l’immagine evocata dal Bigio, non la durata nel tempo, considerati i settant’anni della statua passati in un magazzino. Persino nella scelta del marmo, con il Carrara, si è quasi consumato un affronto al nostro bel marmo di Botticino. Dall’altra, si è inutilmente tentato di neutralizzare il significato politico e storico della statua. Ben sapendo che non il solo Mussolini la definì, in occasione dell’inaugurazione, “Era Fascista”, ma nella disposizione del Podestà essa fu commissionata – come documenta bene l’ing. Robecchi in:” Brescia Littoria” – proprio con quelle precise finalità celebrative.

A Carlo Levi dobbiamo un’immagine forte: le parole sono pietre. Ma non meno forte è il pensiero che le pietre siano parole. Come lo sono soprattutto le statue, che non a caso si mettono nelle nostre piazze proprio per dire nel tempo ed alle future generazioni ciò che esse rappresentano per la città. E la statua del Dazzi non può che dire tutto ciò che la riguarda, anche a distanza di anni, a cominciare dal suo vero nome, che rinvia al Fascismo ed alla sua celebrazione. Storia non definitivamente sepolta nel ‘45. Visto che a pochi metri  ben altra pietra ci ricorda in piazza Loggia dolore e significato incancellabili del 28 maggio e d’una strage drammaticamente fatta in una manifestazione antifascista.

Penso che la stessa targa proposta dall’avv. Cesare Trebeschi sia il migliore viatico non solo per spiegare, ma – mi auguro – per impedire una scelta sciagurata. E’ questa una decisione grave che dividerebbe la Loggia dalla città democratica ed antifascista. E penso ciò rappresenterebbe un imperdonabile errore. Quand’anche riposizionata la statua, la ferita rimarrebbe aperta, al punto da far ritrovare anche la prossima Giunta semplicemente di fronte a ciò che fece il sindaco Ghislandi.

Una tale scelta, chiama direttamente in causa il sindaco Adriano Paroli, che in sede di Consiglio Comunale non si è assunto alcuna responsabilità. Il Consiglio Comunale, pur avendo respinto la Petizione, non ha espresso decisioni al riguardo, che rimangono in capo alla sola Giunta. Ed è al Sindaco che oggi spetta di dire l’ultima parola e di assumere la diretta responsabilità nel produrre una profonda lacerazione nella città.

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Redazione BsNews.it

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