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Loggia 2013, Bragaglio al Pd: non facciamo scelte affrettate

“Brescia in altri periodi è stata un laboratorio. Oggi non pare così. E non vi dev’essere spazio per alzate d’ingegno, incaute strambate, impuntature personalistiche od immotivate emarginazioni, che comportino divisioni, destinate a farci perdere, come nel 2008, anche le prossime elezioni”. A dirlo è il consigliere comunale del Pd Claudio Bragaglio, che – con una lettera – dice la sua sulla strategia del Pd in vista delle elezioni comunali del 2013.

ECCO IL TESTO INTEGRALE DELLA LETTERA

Da tempo si scrutano le sfere di cristallo per un vaticinio sulla Loggia del 2013, ma finora solo ombre confuse e scarsi risultati. E così sarà fin dopo le amministrative del 2012. Molto dipende dalla crisi e dalla riuscita del governo Monti. Dal sostegno del PD, anche critico quando necessario. E dalla nuova legge elettorale, più o meno bipolare.

Immaginare oggi per la Loggia schemi rigidi od affrettate candidature è un azzardo. Quindi è importante mantenere aperto un processo di aggregazione e di confronto nel centro sinistra e con il civismo. Stare dentro un “processo federatore”, come l’ha definito l’on. Corsini, il più ampio possibile. Tenuto conto anche delle esigenze di singole forze, da Sel alle Civiche. Con un’esplicita sollecitazione rivolta anche all’UDC, critico – penso al segretario Quadrini – per alcune scelte rilevanti fatte da Paroli. E ben consapevoli, inoltre, d’un sommovimento che potrebbe investire lo stesso PD.

Non sono quindi opportune forzature o decisioni che possano produrre divisioni d’una potenziale coalizione alternativa a Paroli. Finendo per ritrovarci separati dalle Civiche, o da una nuova esperienza della sinistra politica, o da una parte importante dei socialisti e dalla lista Castelletti.

Si dice che “con il governo Monti tutto cambia”. Ma per cambiare davvero o come può cambiare uno stolido “gattopardo”? Di certo non si può sostenere che tutto cambia, per riproporre il vecchio schema d’un candidato già predefinito, con primarie intese come una prova di forza del PD, affidando poi al secondo turno il compito di “riportare a Canossa” le liste “riottose”. E’ la linea che da un anno a questa parte viene espressa sulla stampa da Aldo Rebecchi e che non mi sentirei di condividere.

Il problema non sta nei desideri, sempre legittimi, ma in quello ben più importante delle reali possibilità. Alludendo alle possibilità di vincere come PD non tanto le primarie, ma le elezioni. Che son cose tra loro molto diverse, soprattutto a Brescia, considerando che nelle elezioni del 2008 ci si è fermati al 35.7% , senza neppur vedere il secondo turno.

Per questo ritengo che per le varie candidature, al momento opportuno, non vi debbano essere né pregiudizi, né predestinazioni.

In quanto poi alle primarie Milano, Napoli e Genova ci dicono molte cose. E se pensiamo che le difficoltà del PD stiano nella divisione tra candidature, debbo dire che non è proprio così. A Cagliari il PD unanime sostenne una propria autorevole candidatura e s’è ritrovato la vittoria del giovane Zedda, di area Sel.

In realtà le primarie non possono essere preconfezionate e, come dice l’on. Fassino, “esse sono per definizione aperte e non sono una competizione tra partiti, come finirebbero per essere se ogni forza politica si presentasse con un proprio candidato”. “Per Genova – aggiunge – ha pesato non il numero dei candidati, ma la loro credibilità”.

Il candidato deve rispondere non alla logica interna d’un partito, ma a quella d’una persona ritenuta più forte, affidabile e convincente per l’intera coalizione e per i cittadini. Le due cose possono coincidere (penso a Torino), ma spesso anche divergere. In effetti se a Palermo il PD sostiene la Borsellino, vicina a Sel, un qualche serio motivo ci sarà. Inoltre le candidature vanno valutate in assoluta autonomia, considerato che ormai vari gruppi di interesse o lobby non disdegnano esplicite logiche trasversali, come un sostegno elettorale al centro destra ed un "endorsement" anche per candidature nel centro sinistra. Con l’ambizione di scegliere sia chi comanda che chi s’oppone.

Molto dipenderà anche dalla vicenda nazionale e mi auguro che lo sforzo di Bersani abbia buon esito. Anche se non è incoraggiante la recente intervista dell’on. Veltroni sull’art. 18 o sullo strattonamento nei confronti di Monti, da “non lasciare alla destra”. Una “gran balla”, l’ha definita con rude franchezza l’on. Macaluso, quasi che Monti fosse “uno sul mercato”.

Brescia in altri periodi è stata un laboratorio. Oggi non pare così. E non vi dev’essere spazio per alzate d’ingegno, incaute strambate, impuntature personalistiche od immotivate emarginazioni, che comportino divisioni, destinate a farci perdere, come nel 2008, anche le prossime elezioni.

Van messe nuove vele al vento per poter chiudere la fallimentare parentesi di Paroli in Loggia, come coda del berlusconismo a Brescia. Senza illuderci troppo sulla rottura della Lega, intenzionata più che altro a ridefinire i rapporti di forza a danno del Pdl.

Contro il deragliamento di Paroli, si tratta quindi di riguadagnare lo spazio d’una esperienza amministrativa – del Comune, come di ASM-A2A – affidabile e di valore. Quella che da Trebeschi a Padula, da Panella, a Martinazzoli e Corsini ci ha reso, pur con tutti i problemi d’una città che cambia, orgogliosi di Brescia, per i successi amministrativi e la sua coesione sociale.

Claudio Bragaglio

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Redazione BsNews.it

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