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Del Bono (Pd): da Roma nessun obbligo di vendere A2A, Paroli non cerchi scuse per farlo

“Il decreto di agosto non obbliga la vendita di A2A, la giunta Paroli non cerchi pretesti per vendere”. A dirlo, con una nota, è il capogruppo del Pd in Loggia Emilio Del Bono, che interviene così sull’ipotesi che la Loggia e il Comune di Milano siano costretti a scendere al 40 per cento nelle quote della società.

ECCO IL TESTO DEL COMUNICATO

Confesso che sono rimasto molto sorpreso nel leggere le dichiarazioni dell’Assessore Fausto Di Mezza relative alla ipotesi di alienazione delle azioni di A2A.

Soprattutto ho trovato inaccettabile dichiarare che il recente Decreto legge del Governo (peraltro non ancora convertito e oggetto di una bufera polemica) ci obbliga a vendere.

Non è vero che il DL n. 138 del 13 agosto 2011 obbliga a vendere le azioni a partecipazione pubblica delle società quotate in borsa. Non avrebbe potuto farlo perché la versione automaticamente coercitiva del 2008 è stata abrogata dal recente Referendum (quello comunemente detto sull’acqua ma che ha riguardato tutti i servizi pubblici locali).

Era vero che il vecchio testo abrogato dell’art. 23 bis del Dl 112/2008 obbligava le società quotate in borsa a partecipazione pubblica a scendere entro il 31/12/2011 al 40% e entro il 31/12/2015 al 30%. Ma quel testo indecente (di esproprio forzoso e ingiustificato) è caduto sotto la mannaia del Referendum del 13 giugno.

Il Nuovo Decreto non poteva riproporre lo stesso testo infatti all’art. 4 comma 32 si prevede sì la cessione di azioni a partecipazione pubblica di società quotate in borsa ( che devono scendere al 40% entro 30/6/2013) ma solo se il Comune decide di mantenere in vita i contratti in essere fino a scadenza senza procedere ad una nuova gara (regime transitorio).

Quindi tanto per capirci non è obbligatorio vendere le azioni di A2A, basta disporsi a partecipare alle gare con oggetto i servizi pubblici locali che oggi la società garantisce al comune di Brescia.

Peraltro anche qualora si decidesse di mantenere i contratti in essere prima di vendere c’è un tempo indicato (30 giugno 2013) data entro la quale se non si è proceduto a scendere decade il contratto e cessano gli affidamenti.

Ora a parte che siamo in presenza di un Governo centralista ed antifederalista che cerca in tutti i modi di penalizzare ed imbrigliare i comuni a prescindere dalla loro serietà e virtuosità (e presto renderemo noto quanto siano costate a Brescia tutte le manovre del Governo Berlusconi-Bossi), non vorremmo che la Giunta Paroli si appresti a trovare l’ennesima giustificazione forzosa per vendere patrimonio mobiliare strategico, frutto della storia di questa città.

Una vendita peraltro quella delle azioni di A2A che cadrebbe nel momento peggiore dal punto di vista finanziario e gestionale.

Quindi consigliamo alla Giunta di avviare una discussione e un dibattito meno frettolosi ed agostani, e stia certo l’Assessore al Bilancio troverà come sempre una opposizione competente e propositiva.

Non vorremmo infatti che la ricetta, modesta ed assai irriverente verso la comunità bresciana che ha con l’intelligenza del governo ed il sacrificio accumulato in decenni ricchezze collettive, sia solo quella di vendere patrimonio strategico, aumentare le tasse, tagliare i servizi (giacchè è evidente che il taglio alla spesa corrente porterà a quello) anziché ripensare scelte discutibili, costose e inutili.

 

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Redazione BsNews.it

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