Tutta la mia solidarietà a Manlio Milani

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    Vorrei esprimere pubblicamente la mia profonda e convinta solidarietà a Manlio Milani, oggetto, nei giorni scorsi, di accuse ed epiteti pesanti. La sua scelta di accettare l’invito di un’associazione xenofoba e di ispirazione fascista è stata a mio parere saggia e giusta.

    Saggia perché solo l’uso della ragione e del dialogo possono aprire brecce laddove la distanza di posizioni ideali e di pensiero è incommensurabilmente grande; dove maggiore è il bisogno di attenzione e conoscenza, e incontrare “l’altro da te” può aprire spazi almeno per bandire l’uso della violenza politica come “strumento” per la risoluzione di qualsivoglia conflitto. La scelta di Milani è stata giusta perché simbolicamente – ma nella carne viva di una ferità ancora aperta della nostra città – ha prospettato una traccia di quel percorso che, solo arrivando obbligatoriamente alla verità, all’ammissione delle responsabilità, potrebbe aprire uno scenario nuovo nella ricerca della giustizia e avviare un serio e fondato cammino di riconciliazione.

    Il valore simbolico è grande proprio perché arriva da una persona la cui storia è stata drammaticamente colpita dalla violenza stragista e che ha dedicato la vita intera alla ricerca di verità e giustizia. Naturalmente chiunque può dissentire dalla scelta di Milani ma perché questo bisogno di inveire, di sfiduciare? Da dove nasce? A me sembra il grido di chi ha il timore enorme, se non il terrore, che il confronto – in particolar modo con chi è cosi distante da te – invece di fortificarti e farti crescere, aggiungere elementi nuovi alle tue conoscenze, alle tue esperienze, possa farti perdere qualcosa, possa esporti a una sorta di furto. Non è solo il timore di sporcarsi le mani, l’anelito infantile alla purezza. C‘è al fondo l’idea che solo tenendo un pensiero sotto teca, salvaguardato da polvere e pioggia, da malintenzionati e ladri, vi si possa trarre alimento e sostegno. Non accorgendosi che così si riduce ogni pensiero, anche il più nobile e fondato, a reliquia, icona da adorare, e lo si condanna inesorabilmente all’estinzione. Non può darsi pensiero, concezione del mondo forte e duratura, che non si bagni e si misuri con tutta la realtà, anche quella più difficile e sgradevole. Ma quegli epiteti e quelle accuse aprono anche altri interrogativi. Nella concezione del mondo di chi ha tranciato quel giudizio, “Milani non può più presiedere l’associazione dei familiari delle vittime”, che posto ha la libertà di pensiero? C’è una lista di pensieri buoni che si possono pensare e di pensieri cattivi impensabili? E se qualche malpensante li esprimesse quei pensieri, addirittura pubblicamente, quale sarebbe la “soluzione”?

    I pensieri sbagliati purtroppo esistono. Proprio per evitare che si tramutino in gesti e azioni violente, in umiliazioni e offese, la prima strada da tentare è l’apertura del dialogo e il tentativo del convincimento con chi li esprime. Ma anche l’ascolto. Bisogna capire come e perché alcuni si incamminano su quelle strade. Razzismo e fascismo non nascono dal nulla, non attecchiscono sui giovani per qualche potere oscuro, anche se non vanno sottovalutate le suggestioni epico-vitalistiche che spesso magnetizzano molti ragazzi. Dialogare, comunicare, convincere è allora essenziale, affatto in contraddizione con la lotta, anche aspra, dura. Mai però l’avversario può divenire nemico, simulacro inanimato, essere inferiore. Perché, compiuto questo passaggio, quel nemico, poi, lo si può anche ferire, abbattere, eliminare, o gli si possono estorcere confessioni, abiure, di fianco a qualche pira già accesa e schioppettante.

    Chi ci ha consegnato una repubblica antifascista e una delle più importanti costituzioni mai elaborate al mondo non aveva in mente questo possibile epilogo per il nostro futuro. Chi ha lottato per la nostra libertà e la nostra dignità di uomini e donne ci ha indicato una meta. La strada tocca a noi costruirla. Ed è un lavoro ininterrotto, pesante, difficile, pericoloso. Ma obbligatorio! In conclusione una nota a piè pagina, che volendo si può anche saltare, perché nessuno, sul tema, ha diritti superiori a chicchessia! Il 28 maggio del ’74 ero in piazza Loggia. La ferita, negli occhi e nel cuore del sedicenne che ero, è ancora lì.

     

    Mimmo Cortese – Brescia  

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    1 COMMENT

    1. mah… se ne potrebbe dedurre che si sarebbe dovuto aprire un dialogo e predisporsi all’ascolto anche con i "gestori" di Auschwitz.
      Senza richiedere abiure o dimissioni rimane il fatto che Milani abbia commesso un errore madornale.

    2. Un disegno di legge costituzionale che abolisce la XII norma transitoria e finale della Costituzione e cioè la norma che vieta «la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista».———————————————————————————————————————– Lo ha presentato al Senato il 29 marzo, il senatore del Pdl Cristano De Eccher (Pdl), co-firmatari i senatori del Pdl Fabrizio Di Stefano, Francesco Bevilacqua, Giorgio Bornacin, Achille Totaro e il senatore Fli Egidio Digilio. Cristano De Eccher, di nobile schiatta altoatesina,classe 1950,indagato nel 1973 da piazza Fontana è giunto a Palazzo Madama. È lui il custode dei timer della strage nella Banca dell’Agricoltura? Ora siede nei banchi del Senato, come il giudice che lo investigò, Gerardo D’Ambrosio. —————— Il nuovo Partito Nazionale Fascista è sostanzialmente già in linea d’assalto.Basti pensare a Casa Pound Italia è presente in tutte le regioni,agguerritissima ideologicamente su temi sociali cavalcati per anni a sinistra; basti pensare alla miriade di gruppi insorgenti meridionalistici,ad esempio a Napoli,Terra e Libertà,e a quelli a Nord, pronti non alla rivolta ma ad una rivoluzione nazionalistica di stampo esoterico occidentalista. Un nazifascismo anticapitalista, dietro il quale si celano,e non son balle queste!, antichi sogni sulla ricerca dell’antico Graal. ———————————————————————————————————Se passasse la richiesta del De Eccher,cari signori, e POTREBBE ESSERE, ci troveremmo in casa già preconfezionato un partito fascista pronto a far piazza pulita di tutto e di tutti,prima “democraticamente” e poi con la forza brutale.
      Casa Pound a Brescia,presente nientepopodimeno che Gabriele Adinolfi,e lor signori si informino su di lui e sulle sue attività che non sono di poco conto, ha cantato vittoria proponendo poi agli automobilisti,in viaggio verso la bassa ovest, un gigantesco cartello pubblicitario.Evidentemente la presenza del Manlio al loro convegno li ha galvanizzati;e lo si legge sui loro siti che: tutti loro cominciano ad essere riconosciuti; non solo conosciuti.La trappola è scattata: diversi politici di casa nostra si sono affrettati a lodare il presunto dialogo con gli squadristi del nuovo Millennio. Solo pochi hanno “nasato” il pericolo e la trappola, non prefferendo le solite furberie circostanza per difendere il loro pacchetto di voti,difendendo da attacchi prevedibili un Uomo Integerrimo,che ha preso la decisione, non condivisibile, di aprire, con un capillare, un vaso non comunicante.

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