La “crociata” antileghista di Tempo Moderno. Cinquepalmi: Molgora ci deve delle risposte

(a.t.) Qualcuno l’avrà forse notato passeggiare per le strade del centro, perché la sua immagine – un “omone” con il toscano sempre in bocca e il garofano rosso all’occhiello – non è certo di quelle che passano inosservate. Altri, i più avvezzi alla politica, lo conoscono da anni per la sua lunga (e convinta) militanza socialista che – dopo l’esperienza del Psi e il terremoto di Tangentopoli – l’ha portato prima nei Laburisti, poi (per una brevissima parentesi) nei Ds, infine nello Sdi e nel rifondato Psi. Ma a 48 anni quasi compiuti l’avvocato Lorenzo Cinquepalmi ha conquistato una nuova fama. E dalla scorsa estate – quando è iniziata ufficialmente l’avventura tempomoderno.it – è diventato a pieno titolo uno dei protagonisti della politica bresciana. Mettendo alla frusta, con inchieste al vetriolo, l’intera classe dirigente leghista.

DOMANDA – Ultimamente in molti devono fare i conti con lei, come mai ha scelto di scendere in campo con questa anomala forma di impegno politico?

RISPOSTA – L’espressione “scendere in campo”, che non amo, evoca Berlusconi e l’impegno elettorale diretto. Mentre io credo che la politica si faccia nei partiti prima ancora che nelle sedi istituzionali. Tempo Moderno nasce secondo questa logica. Dopo l’ultima scissione socialista (quella in cui Ettore Fermi, Dionigi Guindani e Laura Castelletti hanno deciso di uscire dal partito in polemica con le scelte nazionali, ndr), con un gruppo di compagni ci siamo interrogati su come portare un contributo al partito in vista delle ultime regionali. E abbiamo deciso di dar vita all’associazione – seguita dopo qualche mese dal sito – concentrando i nostri sforzi su un tema ben preciso: quello del ruolo della Lega nella vita politica della provincia di Brescia.

D – Perché tanto astio nei confronti del Carroccio?

R – Quello leghista è un progetto di potere aggressivo e articolato, basato su metodiche che troviamo preoccupanti dal punto di vista democratico. In tutte le maggioranze di cui fanno parte, infatti, trovano modo di prevaricare gli alleati e di infilare i loro uomini nei posti di comando. Mi pare che in Italia questo sia già successo, per la precisione tra il 1922 e il 1925. Per tale ragione riteniamo la questione rilevante e abbiamo deciso di portarla all’attenzione del pubblico.

D – Le sue, però, a volte sono vere e proprie inchieste giornalistiche…

R – Noi ci limitiamo a raccogliere dati alla portata di tutti e a fornire una chiave di lettura unitaria. Cerchiamo di fare sintesi di ciò che accade a Brescia come a Castel Mella, Adro e Rodengo per tracciare un quadro della strategia complessiva di quel partito.

D – Parte di questo lavoro spetterebbe ai giornali, con cui lei è spesso molto critico…

R – Sono critico con la stampa locale, o meglio con parte di essa, perché ho avuto modo di notare che alcune tematiche, prettamente bresciane, che abbiamo sollevato hanno trovato ampio spazio sui media nazionali, ma sono state quasi ignorate su quelli locali. La tendenza all’autocensura nei confronti delle notizie sgradite ai potenti, se pure con livelli diversi, nella Leonessa mi sembra evidente.

D – Torniamo alla Lega. Uno dei suoi cavalli di battaglia è stata la cosiddetta Parentopoli, ovvero il caso del concorso del Broletto che ha visto classificarsi ai primi posti parenti e collaboratori di personaggi di spicco del partito. Lei, in più di un’occasione, ha addirittura invocato una denuncia da parte del presidente Molgora.

R – Non invoco nulla. Anzi: sono fermamente convinto che le questioni politiche – anche quando arrivano a sfiorare i limiti della lesione d’onore e dell’ingiuria – vadano risolte in sede politica, sui media o davanti al pubblico, e non certo nelle aule di tribunale. Per questo trovo ingiustificato che Molgora abbia presentato una denuncia nei confronti del Riformista per gli articoli pubblicati sul caso e, allo stesso modo, ho criticato Corsini quando ha annunciato denuncia nei confronti dell’assessore Fausto Di Mezza sulla questione dei conti della metropolitana. Detto questo, però, trovo ancora più ingiustificato il fatto che Molgora abbia deciso di denunciare quel giornale per cose “copiate” da quanto ho scritto io senza fare lo stesso con me. La mia è un’assunzione di responsabilità e una questione di lealtà. Nella delibera in cui la giunta dava mandato ai suoi avvocati di agire era scritto chiaramente che il contenuto degli articoli era ripreso da Tempo Moderno. Mi sfugge il motivo per cui oggi loro sono iscritti al registro degli indagati e io no, a meno che per strada si siano perse delle carte.

D – Torniamo al merito della questione. Molgora ribatte essenzialmente due cose a chi lo critica: che quel concorso è stato fatto da altri e che comunque i vincitori non sono mai stati assunti…

R – A me, francamente, pare un modo di sviare l’attenzione dal nocciolo della questione. Al di là del fatto che il concorso sia stato indetto dall’amministrazione precedente e che la commissione giudicante – dove pure compaiono gli stessi nomi da anni – sia stata nominata da altri, infatti, mi pare più decisivo capire cosa è successo in occasione dello scritto, avvenuto quando Molgora era già presidente dell’ente. Il fatto che in quel concorso cinque degli otto vincitori abbiano legami parentali o di altra natura con autorevoli esponenti della Lega mi sembra un dato di fatto. Statisticamente è un risultato un po’ improbabile e io al caso non credo. Dunque mi domando cosa sia successo.

D – Ma nessuno di loro è stato assunto…

R – E’ un’obiezione che lascia il tempo che trova. Se quel concorso non sarà invalidato i vincitori avranno gioco facile a rivolgersi a un giudice del lavoro per ottenere comunque l’assunzione.

D – Ultimamente però il suo cruccio principale sembra essere la questione dei lavori pubblici. Ad esempio, nei suoi scritti, ha parlato con tono insinuante di un improvviso crollo dei ribassi d’asta nell’assegnazione dei lavori stradali (dal 30 al 5 per cento) e ha citato il caso di un’impresa che sarebbe stata costretta a rinunciare a un appalto perché nessun fornitore era disposto a fornirle il bitume. Cosa vuole dimostrare?

R – Non voglio dimostrare, né insinuare nulla. Rilevo semplicemente che sono accadute cose che ritengo anomale. A me pare anomalo che improvvisamente, nell’ottobre 2010, i ribassi d’asta siano scesi fino al 5 per cento, quando nello stesso periodo in enti limitrofi si continuava a procedere con una media dal 28 al 32. Allo stesso modo vorrei capire perché un’impresa che per la prima volta ha partecipato a un bando e l’ha vinto non è poi riuscita a trovare nessuno che le fornisse l’asfalto. Probabilmente sono dinamiche normalissime. Ma vorrei che qualcuno mi spiegasse il perché.

D – E della nuova sede della Provincia che dice?

R – Rilevo che, ai tempi di Cavalli, ad ogni accenno sulla nuova sede i leghisti si alzavano a gridare che l’operazione non si sarebbe dovuta fare. Anche Molgora, all’inizio del suo mandato, aveva spiegato che il discorso sulla nuova sede era chiuso perché l’ente non aveva le risorse necessarie per sostenere il progetto. Poi però, qualche settimana fa, il presidente della Provincia si è messo improvvisamente a parlare della nuova sede negli spazi della ex caserma Papa. Se non è un’anomalia, secondo me si tratta almeno una contraddizione.

D – Di certo, molti computer del Broletto e di militanti leghisti, ogni mercoledì (il giorno in cui solitamente escono le sue inchieste), sono sintonizzati sul sito di Tempo Moderno. Ma lei non salva proprio nessuno del Carroccio? A Molgora, ad esempio, molti riconoscono il merito di aver sistemato i conti di un ente disastrato e di aver tagliato molti sprechi.

R – Allo stato non salvo nessuno, se non i tanti bresciani illustri che – negli ultimi 15 anni – sono stati cacciati da quel partito per aver osato pensare con la loro testa e non con quella del monarca. Quanto, invece, all’abilità taumaturgica di Molgora, le sue mosse mi sembrano la fotocopia sbiadita di quelle di Tremonti. E’ facile sistemare i conti tagliando con l’accetta: il compito di chi governa è soprattutto quello di promuovere il benessere e lo sviluppo. Se poi si taglia su tutto e, solo per fare un esempio, non si realizza una pista ciclabile a Limone per dare i soldi all’ex direttore dell’orchestra della Padania Ezio Rojatti a me non pare che si stiano facendo davvero gli interessi del territorio.

D – Molti pensano che lei stia sollevando tutte queste polemiche perché è intenzionato a candidarsi alle prossime provinciali. E’ vero? Dove vuole arrivare?

R – Si sbagliano. Il mio obiettivo è quello di continuare a vivere soltanto del mio lavoro e non sono intenzionato – né disposto – a candidarmi per nessun posto. Oggi gli eletti che campano di pane e governo perdono la libertà di dire quello che pensano, e a questo io tengo molto.

D – Un’ultima domanda. Lei è convintamente socialista, critica Berlusconi e di recente ha firmato con altri una lettera per difendere l’iniziativa del Comune brianzolo di Lissone di dedicare una piazza a Bettino Craxi. Come si concilia questa affermazione con il fatto che parliamo di un politico – grande statista o meno – che per la legge italiana è morto da latitante?

R – Io penso che il giudizio su un personaggio politico debba essere elaborato con i tempi della storia: del resto anche Garibaldi è stato condannato a morte in contumacia e per metà degli italiani dell’epoca era soltanto un delinquente comune. Tra 30 anni, forse, saremo in grado di dire se il nostro Paese considererà ancora reati quelli addebitati a Craxi o se a quel punto di lui non resteranno soltanto le azioni meritorie da statista.

D – A Lissone non hanno aspettato tanto. Dunque vorrebbe una via dedicata a Craxi anche a Brescia?

R- Credo che chi fa politica debba avere l’intelligenza di capire quando l’opinione pubblica è abbastanza matura per certe scelte. Mi pare che Lissone lo fosse già, tanto che coloro che tiravano le monetine venivano tutti da fuori. A Brescia ne discuteremo se e quando l’opinione pubblica sarà pronta per farlo.

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Redazione BsNews.it

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