Molgora, un leghista atipico di fronte alla (difficile) prova del consenso

In Broletto il presidente Daniele Molgora si sta confermando un leghista atipico. Ed è forse per questo che nel suo partito, sotto traccia, su di lui ci sono giudizi contrastanti. Molgora, infatti, ha scelto sin dalle prime battute la linea del bon ton istitutzionale. Traducendo: il presidente è quasi sempre tra le righe (mai sopra, come forse vorrebbero i suoi) e prende pubblicamente posizione solo in rare occasioni, di solito su questioni che riguardano la vita finanziara dell’ente. Una linea – quella del non parlare a vanvera – eticamente ineccepibile, visto che Molgora ha ereditato da Alberto Cavalli una Provincia con 500milioni di euro di debito e promesse elettorali da sceicchi. Di fronte a questo fardello qualsiasi padre di famiglia non penserebbe ad altro. Ma è proprio questo il fatto che molti gli imputano. Quello di agire con troppo senso pratico dimenticando la ricerca del consenso per lui e per il suo partito. L’esponente del Carroccio, infatti, fino a oggi ha dedicato tutte le sue energie a rimettere in sesto i conti dell’ente, tagliando spese a destra e a manca. Un atteggiamento che ha fatto innervosire chi, soprattutto nel Pdl, agli elettori aveva promesso contributi a pioggia. Ma anche i leghisti che si trovano ora impantanati nella difficoltà di accontentare i loro ambiti di riferimento. Vi è poi un problema mediatico. A fronte di un Cavalli che – seguendo il modello Corsini – non mancava di presenziare anche all’inaugurazione di una rotatoria, infatti, Molgora sui giornali compare ben poco. E quasi sempre su argomenti che difficilmente possono essere spiegate al bresciano medio, quello che della Provincia non conosce nemmeno una funzione e nemmeno un nome. Anzi: le uniche questioni popolari trattate dai giornali (quelle un po’ morbose che piacciono alla gente della strada) giocano a suo sfavore, perché riguardano l’abbondante stipendio concesso, in tempo di tagli, all’ex direttore dell’orchestra musicale della Padania e il concorso pubblico (avviato dalla giunta Cavalli) che vede tra i vincitori diversi parenti ed amici di esponenti della Lega. Un bilancio soltanto lenito dalla proposta di ridurre i componenti della giunta, che certo all’elettore medio (e leghista) è piaciuta. Risultato: se si escludono alcuni episodi, Molgora sta lavorando oggettivamente bene perché sta agendo come il commissario straordinario di una società che era vicina al tracollo, e a riconoscerglielo sono – con la garanzia dell’anonimato – anche alcuni suoi detrattori. Ma resta da capie come questo lavoro potrà essere recepito sul territorio e, soprattutto, se si tradurrà in consensi per la Lega (una delle accuse di Molgora è proprio quella di agire troppo spesso in solitaria). E’ vero che a Brescia i voti del Carroccio oggi sarebbero sufficienti a garantire l’elezione a chiunque. Ma il problema – visto che al voto mancano quasi quattro anni, che in Italia sono un’eternità – esiste. E i vertici del partito guidato da Stefano Borghesi l’hanno ben presente.

 

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Redazione BsNews.it

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