di Federica Papetti – Matteo Meroni, ideatore nonché consigliere delegato di Mega Italia Media, è l’imprenditore bresciano che, per “scendere in campo”, ha abbandonato tutte le cariche ricoperte in ambito associativo e non. Meroni, ha esordito in Giunta Aib fin dal 1992, per divenire nel 2002 membro della Giunta di Confindutria e nel 2005 ha ottenuto l’incarico di vice presidente con delega alla formazione e stampa nell’associazione degli industriali bresciani, senza contare la rappresentanza in Camera di Commercio a Brescia e nell’ente fiera Brixia Expo. Matteo Meroni ha voltato pagina nel 2008 per seguire l’invito di Emilio Del Bono, candidato sindaco e per contribuire quale esponente della società civile alla vita politica della città.

Facciamo un passo indietro, perché ha deciso di candidarsi con il Pd alle ultime Amministrative?

Dopo 18 anni in Confindustria ove ho ricoperto numerosi incarichi mi è giunto l’invito alla candidatura alle elezioni amministrative da parte di una persone che stimo: Emilio Del Bono. Inoltre ho sempre creduto e tutt’ora credo nel progetto del Pd, quindi per correttezza mi è sembrato doveroso dimettermi da tutti gli incarichi, compresi quelli ove non era prevista una specifica incompatibilità.

E’ ancora convinto di quella scelta?

Era una scommessa e, nonostante il centro sinistra abbia perso la Loggia, non ci si può pentire, anche perché credo tutt’ora nel progetto. Tra l’altro i tempi della mia condidatura sono stati un po’ tiranni. Dal momento in cui mi sono reso disponibile alla data delle elezioni sono passati poco più di dieci giorni, una circostanza che non ha certo facilitato la campagna elettorale. Ho deciso di occuparmi della cosa pubblica nello spirito inaugurato da Walter Veltroni, ossia quello di un partito che si apre alla società civile. Una scelta che porto avanti anche adesso, visto che mi sono messo a disposizione del Pd fin da subito. Nel Pd sono delegato all’economia, ruolo che mi è stato riconfermato anche dopo il congresso che ha portato Bersani alla segreteria.

Come l’hanno presa  i suoi colleghi?

Non bene quelli più stretti, ma ho avuto parecchi incoraggiamenti da persone e imprenditori al di fuori di Aib.

Aib l’ha, quindi, isolata?

Si mi sono sentito isolato, ma non importa perché sono convinto della mia scelta.

Lei, da un imprenditore e uomo del Pd, quali misure crede debbano essere messe in campo per una crisi che pare mordere ancora?

Gli investimenti sulle energie alternative, inaugurati già dal governo Prodi e per fortuna ripresi in parte anche da questo, hanno dimostrato di rappresentare, non solo un vantaggio dal punto di vista ambientale, ma anche un volano per un comparto che ha dato notevoli risultati anche in termini di occupazione. Poi esiste il grosso problema dell’evasione fiscale: chi evade è un ladro è questo va detto con chiarezza, perché, soprattutto in momenti di crisi, l’evasione accresce il divario sociale. Ma per le piccole e medie imprese un altro problema è lo snellimento della burocrazia che, nonostante le declamzioni del ministro Brunetta, rimane un nodo irrisolto e fondamentale per rivitatizzare il settore del medio piccolo. E poi dovrebbero essere messe in campo misure per aiutare gli imprenditori ad ottenere credito dalle banche. La mancanza di liquidità è decisiva e spesso rappresenta il fattore che spinge a chiudere una piccola imprese. Senza contare che il piccolo imprenditore o l’artigiano sono sprovvisti di qualsisi tipo di paracadute, quindi per loro rimane la chiusura o lo “strozzinaggio”. I numerosi siucidi avvenuti anche nel Nord testimoniano tale drammatica realtà.

Dire Fiom signififica parlare per forza anche di Brescia, visto che qui i metalmeccanici della Cgil possiedono la loro roccaforte. Cosa ne pensa della manifestazione di sabato?

Tutti vorremmo proseguire con le tutele di un tempo, ma il mondo è cambiato e a Pomigliano bisognava decidere se tenere Fiat in Italia o lasciarla andare all’estero. Certe rigidità sindacali mal si conciliano con la forte competizione in atto oggi. Prenda ad esempio il  discorso del “magazzino zero” un particolare in grado d’influire su tutta la filiera  e che chiede orari e lavoro più flessibili in tempi di produzione.

Che tipo di relazioni sindacali si augura per le imprese italiane?

Sposo la tesi della Cisl. E’ giunto il momento d’invertire la rotta rispetto alla dura contrapposizione che vede i “padroni” da un lato e gli operai dall’altro. Le relazioni sindacali andrebbero rivisitate nell’ottica di un dialogo con un sindacato avveduto che non dice sempre no. Detto questo sono anche convinto che l’applicazione di una legge incompiuta, quale la legge Biagi, abbia prodotto due categorie di lavoratori: quelli tutelati e i precari, purtroppo, sempre più numerosi.

Lei è un imprenditore del Nord, luogo dove la Lega seduce molti suoi colleghi. Perché?

La Lega “urla” slogan basati su stereotipi, quindi diventa facile intercettare il consenso su temi che, invece, sono complessi. Eppure da quando governa non mi pare abbia fatto molto, nemmeno per il tanto sbandierato federalismo. Quanto all’immigrazione dove la Lega cavalca le paure delle persone, è doverso ammettere che gli immigrati non rubano il lavoro a nessuno perché nella maggior parte dei casi svolgono lavori che gli italiani non vogliono più fare.

Per concludere, Matteo Meroni cosa vuole fare “da grande”?

Per ora lavoro tutti i giorni in azienda, e non è cosa da poco, poi mi dedico all’ impegno nel Pd. Per ora è tutto.

 

 

 

 

 

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Redazione BsNews.it

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