28 maggio 1974. Eravamo in piazza preoccupati perchè i fascisti picchiavano e mettevano bombe, ma sereni perchè ci si rendeva conto che la società stava cambiando.
Sedici giorni prima, il 12 maggio, avevamo vinto il referendum sul divorzio. Era stata una battaglia aspra, che la parte più retriva del clero voleva trasformare in una sorta di linea del Piave sulla quale fermare, o più probabilmente rallentare, la nuova società che spingeva con forza. Nuovi soggetti sociali erano in campo a partire dalle donne che rivendicavano con forza pari diritti e una gestione della propria vita e del proprio corpo fino ad allora fortemente repressa.
La Chiesa decise di schierarsi con la sua parte più arretrata ed accadde ciò che allora sembrava impensabile: milioni di cattolici voltarono le spalle alle indicazioni del clero e votarono no all’abolizione della legge sul divorzio.
Fu il mio primo voto, ero contento di aver dato una mano ad una legge di libertà.
Poi lo scoppio.
Mio padre mi disse "passeranno vent’anni prima di sapere la verità". Ne sono passati 35 e non sappiamo.
Erano anni insieme belli e terribili. Si correva a migliaia con le bandiere rosse, purtroppo portavamo quasi tutti il rosso del comunismo (da quello che positivamente, ma pur sempre troppo lentamente, Berlinguer faceva evolvere a quello criminale dello stalinismo). Avessimo avuto tra le mani le bandiere rosse del socialismo liberale (quello che aveva voluto la legge sul divorzio) forse oggi il centro sinistra sarebbe più in salute. Avessimo sostenuto il diritto e la libertà con la stessa forza con la quale si sostenevano la giustizia sociale e l’uguaglianza forse oggi il centro sinistra sarebbe più in salute.
Certo c’erano i fascisti che mettevano bombe, che picchiavano, che assassinavano. C’erano apparati dello Stato deviati e con infiltrazioni golpiste. Fu forse per reazione o forse per difendersi che migliaia e migliaia di ragazzi, che pure desideravano libertà, fraternità e uguaglianza, diventarono comunisti.
Giovedì scorso molti di quelli che allora hanno sentito la bomba, hanno visto i morti, hanno colto lo sgomento, sono tornati in piazza della Loggia. Abbiamo deposto fiori, abbiamo ripensato a quegli attimi.
Ci siamo andati non per un rito ma perché pretendiamo di sapere la verità.
La verità che è sempre un dovere per uno stato democratico e un diritto per i suoi cittadini.
Giorgio De Martin
Segretario cittadino del Partito Democratico
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