Mangia che ti passa… o forse no | 🟢 BRESCIA VISTA DALLA PSICOLOGA
Effetti a breve, medio e lungo termine della pandemia sui nostri stili di alimentazione
di Doriana Galdrisi* – La pandemia ha implicato, per ognuno di noi, degli sconvolgimenti notevoli in tutti gli ambiti di vita, dalla quotidianità al lavoro, dalle azioni alle emozioni. Ha agito cioè con un effetto trigger (grilletto), è stata un detonatore di sofferenze latenti o ragionevolmente tenute sotto controllo fino a quel momento. La pandemia ha amplificato i sensi di solitudine, di perdita, di vuoto, di mancanza di futuro.
Per affrontare questo terremoto tutti noi abbiamo creato degli appigli per aggrapparci e reggere in tale scenario, soprattutto dal punto di vista emotivo. Brescia, pur nella tragedia dell’essere una delle città più colpite, ha saputo reagire con forza, anche grazie alle eccellenze professionali presenti sul territorio.
Eccellenze che, già nel 2020 e per tutto il 2021, il ciclo di incontri on-line dal titolo “La scienza di eccellenza” invita per dialoghi a tema e l’argomento dell’ultima puntata, lo scorso 30 ottobre (che si può rivedere su www.youtube.com/watch?v=FoY1AY4_CWY) è stato il cibo e i modi in cui la pandemia ha alterato gli stili di vita, e, nello specifico, come abbia intercettato e variato anche le nostre modalità di alimentazione. Insomma, il tema che stiamo per trattare ora in questo articolo.
Di grande interesse le parole degli illustri ospiti intervenuti quel giorno, dal dottor Francesco Greco, chirurgo bariatrico della Fondazione Poliambulanza di Brescia alla dottoressa Rossella D’Alessio, specialista in Chirurgia bariatrica, da Fabio Capra, assessore all’Istruzione del Comune di Brescia a Lorenzo Puca, campione mondiale di pasticceria senza dimenticare Andrea Ghiselli, presidente della Società Italiana Scienze dell’Alimentazione.
Con loro si sono affrontati anche le evidenze che ci vengono dalla letteratura scientifica e dai dati, che ci dicono che, per molte persone la sedazione delle sensazioni più negative e delle paure è passata attraverso tre strumenti: gli psicofarmaci, l’alcol e il cibo.
In alcuni casi la pandemia ha portato a delle vere e proprie derive psico-patologiche, in particolare nel campo dell’alimentazione: la modalità di approccio all’azione del nutrirsi non solo è diventata ancor meno sana e meno regolare, ma è spesso sfociata in veri e propri disturbi del comportamento alimentare (che si differenziano da una tipologia di alimentazione scorretta, perché sono caratterizzati da impossibilità di controllo).
Tali disturbi sono spesso accompagnati da stati emotivi bui, da depressione, senso di colpa, senso di vergogna, e impattano sulla vita generale della persona creando delle problematiche che possono consistere nel rinchiudersi, nell’evitare i contatti sociali, in difficoltà lavorative e di concentrazione.
Uno dei partecipanti alla tavola rotonda era, come detto, il dottor Francesco Greco, il quale ha sottolineato: “uno degli elementi più vistosi conseguenti alla pandemia è stato un significativo aumento dei casi di crescita ponderale e di obesità: si stima che quest’anno gli italiani siano cresciuti mediamente di 3 kg”. Si è incrementato il numero delle persone in sovrappeso o addirittura obese e si è abbassata l’età in cui questi problemi compaiono.
Una centratura molto importante va riservata quindi all’infanzia e alla preadolescenza, perché è proprio nelle prime fasi della crescita che si impostano le abitudini corrette e si prevengono possibili futuri deragliamenti, sia di tipo ponderale sia di tipo psicologico. Sin da piccoli è doveroso trasmettere le buone prassi posturali e comportamentali a tavola, perché queste aiutano ad avere il controllo della propria alimentazione. La distrazione, dovuta dalla televisione, dai device o dal continuo alzarsi da tavola, fa abbassare la consapevolezza di ciò e di quando si sta mangiando e questo risulta uno degli elementi critici nei problemi di aumento del peso.
Riservare al pasto un ambiente tranquillo e un tempo congruo aiutano ad avere, nella sequenza prandiale, la coscienza dei livelli di sazietà, di cui non ci rendiamo conto quando si presentano 3 fattori, ovvero: distrazioni, troppo assortimento in tavola (che rinnova la motivazione a mangiare anche quando non si ha più fame) e l’orientamento verso i cibi veloci o i cibi spazzatura.
Per questo l’azione educativa deve iniziare sin dall’asilo e il Comune di Brescia lo sa bene: l’assessore all’istruzione Fabio Capra, un altro dei partecipanti alla tavola rotonda sopra citata, ha ricordato come, nella nostra città, si stiano portando avanti da anni politiche di formazione per corretti stili alimentari e di vita, anche attraverso il servizio mensa, che coinvolge oltre 15mila bambini e serve 9mila pasti al giorni, senza contare i numerosi alunni delle scuole paritarie convenzionate.
La pandemia ha sconvolto i piani anche nella gestione delle mense, ma la risposta messa in campo quest’anno, con la creazione di spazi separati anche durante il pasto (nel rispetto delle “bolle” educative alla base dell’impostazione delle classi), così come l’attuazione di apposite strategie, dimostra che non tutto il male viene per nuocere. Da questa tragica esperienza infatti possiamo trarre lezioni per rivisitare l’organizzazione e la gestione delle mense e le soluzioni adottate dal Comune di Brescia paiono proprio vincenti, non solo nel contenimento dei contagi, ma anche, anzi soprattutto, nel processo di regolazione dei comportamenti di nutrizione.
In tal modo è possibile far sì che i cittadini di domani siano cittadini più educati, consapevoli e attenti alle loro scelte alimentari, che resistano alle tentazioni del cibo spazzatura che ha sì una palatabilità molto alta, ma che innesca un meccanismo di desiderio di continuare a mangiare questo tipo di alimento. Ciò avviene perché si attiva la produzione degli endocannabinoidi, cioè quelle sostanze, legate alle sensazione di piacere, che ci fanno mangiare quel determinato prodotto in quantità esagerate.
In testa alla classifica dei cibi emozionali vi sono i dolci. Il pasticcere Lorenzo Puca, capo team della squadra che ha vinto gli ultimi campionati del mondo di pasticceria, è un fiore all’occhiello bresciano, poiché da noi esercita la sua attività di artista pasticcere, assumendo così il ruolo di esempio positivo, soprattutto sui giovani, su come sia possibile avere un sano, maturo e consapevole rapporto con il cibo. Non poteva quindi non essere uno degli ospiti della “Scienza di eccellenza” del 30 ottobre e, in quell’occasione. Puca ci ha fatto notare come il dolce non sia necessario a livello nutrizionale ma sia molto utile a livello psicologico.
Le neuroscienze lo confermano: i dolci sono emotional food, attivano sensazioni piacevoli ma possono trasformarsi in una tentazione irresistibile in momenti di crisi, quando, come in pandemia, molti, se non tutti, gli altri meccanismi di gratificazione vengono meno.
E’ un problema grave soprattutto per le persone in sovrappeso che in seguito al Covid-19 sono state inserite dal Ministero della salute nell’elenco dei pazienti fragili (quindi con priorità di vaccinazione). Questo ha prodotto un effetto positivo che oggi si manifesta chiaramente: molti pazienti obesi si sono resi conto davvero di essere malati e ci sono più possibilità affinché vengano scardinati una serie di pregiudizi e si focalizzi l’attenzione sugli interventi.
Da un lato c’è la necessità di piani educativi che agiscano sugli elementi più significativi, al fine di affrontare un lavoro progressivo che porti alla modifica del peso e alla riconquista del benessere psico-fisico. Si tratta di predisporre strategie di intervento che portino al riequilibro e all’aumento dell’autostima, attraverso azioni di educazione o percorsi di mindful eating, in cui la parola chiave è consapevolezza.
La nostra Brescia è una fucina di soluzioni: non solo, come abbiamo visto, nell’ambito della scuola, ma anche in quello clinico, poiché esistono strutture all’avanguardia capaci anche di interventi medico-chirurgici. Abbiamo tante risorse e tanti esempi di eccellenza nei vari settori lavorativi, che veicolano il messaggio necessario per avere un rapporto sano con il cibo. Ovvero il cibo deve essere visto per ciò che è: una situazione piacevole ma non compensativa per le nostre ferite o i nostri problemi.
E’ importante quindi imparare a mangiare… “scollando” il cibo dalle emozioni!
Ci salutiamo sulle note di Mina che cantava: “ma che bontà, ma che bontà, che cosa è questa robina qua”… ebbene da questo ritornello parta un input per affrontare il nostro modo di nutrici, di noi adulti ma anche che dei piccini, in modo consapevole, maturo ed equilibrati.
Grazie per l’attenzione, ci ritroviamo tra 15 giorni.
CHI E’ DORIANA GALDERISI?
Doriana Galderisi è padovana d’origine e bresciana d’adozione: lavora nel campo della psicologia da più di 27 anni con uno studio in via Foscolo, a Brescia. Esperta in: Psicologia e Psicopatologia del Comportamento Sessuale Tipico e Atipico, Psicologia Criminale Investigativa Forense, Psicologia Giuridica, Psicologia Scolastica, Psicologia dell’Età Evolutiva, Neuropsicologia. E’ inoltre autorizzata dall’ASL di Brescia per certificazioni DSA (Disturbi specifici di Apprendimento). E’ iscritta all’Albo dei CTU, all’Albo dei Periti presso il Tribunale Ordinario di Brescia e all’Albo Esperti in Sessuologia Tipica e Atipica Centro “il Ponte” Giunti-Firenze.
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