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Made in Italy: una garanzia anche per le mascherine

Diventate a pieno titolo parte di noi e della nostra quotidianità da ormai un anno, le mascherine aiutano a impedire la diffusione del Covid-19, assicurando una protezione sia per chi le indossa, sia per chi gli sta intorno, purché anche questi ultimi la portino correttamente.

Nelle prime fasi dell’emergenza questi dispositivi non si trovavano con facilità, tant’è che molte aziende hanno realizzato guadagni enormi vendendoli a prezzi anche rincarati. Con l’avanzare della pandemia, le mascherine si sono diffuse con rapidità in tutti i Paesi a prezzi contenuti, il che ha reso difficile capire quali prodotti riescano a garantire il rispetto delle normative di sicurezza. Tra mascherine di stoffa, monouso e filtranti diventa complicato districarsi in mezzo alle varietà, e diventa fondamentale scoprire l’affidabilità dei dispositivi. Sono giunte numerose segnalazioni riguardo la non conformità di alcune mascherine provenienti dall’estero, utilizzate anche da ambienti che denotano un certo livello di sicurezza come ospedali e farmacie.

Caratteristiche delle mascherine a norma

In commercio è possibile scegliere tra mascherine chirurgiche e FFP2. Le prime sono classificate dalla legge come dispositivi medici che, per essere tali, devono rispettare la direttiva 93/42/CEE, oltre che espletare i requisiti imposti dalla norma tecnica EN 14683, che determina le prestazioni di efficacia filtrante e di respirabilità da assumere. Lo strato filtrante della mascherina necessita di essere modellato all’interno dei livelli di tessuto. Il dispositivo deve essere progettato in modo tale da consentire la sua perfetta adesione al naso, alla bocca e al mento di chi la indossa, facendo sì che ciò possa avvenire grazie all’inserimento di un ponte nasale, che aiuta a migliorare la vestibilità. Sull’imballaggio all’interno del quale si trova la mascherina chirurgica devono essere inseriti: il numero della norma europea di riferimento sopracitata, e i dati relativi al tipo di mascherina.

Diverso il caso delle FFP2, considerate veri e propri dispositivi di protezione individuale, che devono seguire il regolamento UE 425/2016, il quale stabilisce che le mascherine filtranti, per poter essere messe in commercio, debbano passare sotto il controllo di un organismo notificato, competente in materia di certificazione dei requisiti che devono possedere i dispositivi di protezione appartenenti alla terza categoria di rischio. Dopo aver ricevuto il nulla osta, il produttore potrà applicare il marchio CE per dimostrarne l’idoneità.  Il problema è che in un contesto concitato come quello pandemico, alcuni prodotti seguono un percorso di certificazione senza controlli.

Ai consumatori viene richiesta la massima attenzione in fase d’acquisto, con l’invito a utilizzare i canali di vendita ufficiali e, qualora riscontrassero un’anomalia, di segnalarla alla Linea Diretta Anticontraffazione.

I vantaggi del made in Italy

Scegliendo prodotti realizzati in Italia si hanno più garanzie: rispetto agli articoli messi in commercio da alcuni Paesi, si distinguono per l’alta capacità di filtraggio, e presentano tutte le certificazioni di qualità che vigono attualmente in Europa, su tutte il rispetto della direttiva europea 93/42/CEE e dalla norma tecnica EN 14683. L’attenzione verso le materie prime è la caratteristica principale del made in Italy, scelte accuratamente per garantire la massima qualità dei dispositivi.  Inoltre, parecchie realtà italiane, puntano a realizzare test di affidabilità per confortare ancor più i consumatori in merito alla completa affidabilità delle mascherine. Non si contano le aziende che, da marzo dello scorso anno, hanno riconvertito la loro produzione, tra cui Unigasket, per venire incontro alle esigenze nate con lo scoppio della pandemia, offrendo alla loro linea produttiva la possibilità di continuare a operare, oltre che di ridurre notevolmente le tempistiche di consegna di un bene diventato essenziale.

Differenza tra mascherine chirurgiche e ffp2

La mascherina FFP2 è funzionale alla protezione dagli agenti patogeni e accorre in aiuto di chi la indossa filtrando le particelle volatili liquide e solide che circolano nell’aria con una capacità maggiore del 95%, rispettando appieno le normative previste a livello europeo. Le mascherine chirurgiche invece si compongono di 3 strati: quello più interno in polipropilene cattura l’umidità provocata dalla respirazione, mentre lo strato esterno è costituito da TNT trattato in modo tale da garantire la resistenza ai liquidi. Tra questi due livelli si colloca uno strato intermedio, anch’esso in polipropilene, la cui disposizione tridimensionale di filato e fibre conferisce alla mascherina un ottimo potere filtrante. Il modo in cui questi strati vengono costruiti può variare: nelle unimed f3 viene utilizzato un tessuto SMS (TNT filtrante) per tutti i livelli, mentre le unimed r2 ne vedono lo sfruttamento solo nello strato intermedio, invece nei livelli opposti si applica lo spunbond, idrofobico e con una buona resistenza meccanica. Entrambe le mascherine possiedono i requisiti previsti dalla normativa di riferimento EN 14683 e hanno un’efficienza di filtrazione batterica pari o superiore al 98%. Ambo i modelli sono morbidi e si adattano bene al viso, oltre a essere anallergici, anche se l’f3 ha in più dalla sua la resistenza agli spruzzi, verificata attraverso l’esecuzione di uno splash test. Un’altra distinzione è data dalla pressione differenziale, minore di 40 nelle r2 e minore di 60 nelle f3.

 

 

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Redazione BsNews.it

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