Lunedì 22 marzo i lavoratori del colosso dell’e-commerce Amazon incroceranno le braccia: in sciopero non solo gli addetti della logistica, diretti e indiretti, i magazzinieri e i driver, ma
anche tutta la manodopera, tutti i lavoratori e le lavoratrici delle aziende di fornitura in
appalto di servizi di movimentazione e distribuzione delle merci della filiera.
A motivare lo stop sono i carichi e i ritmi di lavoro che vengono imposti dalla multinazionale, la verifica e la contrattazione dei turni, la riduzione dell’orario dei driver, la clausola sociale per garantire continuità occupazionale in caso di cambio di appalto o fornitore, la stabilizzazione dei tempi determinati e dei lavoratori interinali e il rispetto delle norme su salute e sicurezza.
Nel bresciano – a breve nascerà un nuovo polo Amazon vicino a Chiari – un presidio sarà promosso a partire dalle 7.30 nella piattaforma logistica di Castegnato.
«I drivers che consegnano materialmente la merce arrivano a fare anche 44 ore di lavoro settimanale – chiarisce una lettera redatta dai rappresentanti delle Segreterie Nazionali Filt-Cgil, Fit-Uil e Uiltrasporti – e molto spesso per l’intero mese, inseguendo le indicazioni di un algoritmo che non conosce né le norme di regolazione dei tempi di vita e di lavoro né tantomeno quelli del traffico delle nostre città. Si toccano punte di 180/200 pacchi consegnati al giorno. Dentro i magazzini si lavora 8 ore e mezzo con una pausa pranzo di mezz’ora. Ma nessuna verifica dei turni di lavoro, nemmeno nei magazzini di smistamento.
Nessuna contrattazione, nessun confronto con le organizzazioni di rappresentanza sui ritmi di lavoro imposti e per il riconoscimento dei diritti sindacali. Nessuna clausola sociale né continuità occupazionale, per i drivers, in caso di cambio fornitore. Nessuna indennità contrattata per Covid-19, in costanza di Pandemia. Ciò avviene in un settore in totale e continua espansione e in un’azienda il cui proprietario è tra i 5 uomini più ricchi al mondo».
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