di Sara Ferrari – Le realtà che si occupano di animali sono di diverse tipologie e di questo quasi tutti ne siamo consapevoli ma, non sempre si è informati sull’esistenza dei Santuari. Un Santuario è un rifugio permanente che accoglie animali salvati da situazioni di abuso. L’aspetto principale che li differenzia dai rifugi o canili o gattili è lo scopo: il loro obiettivo non è l’adozione. Gli esemplari che entrano in uno di questi Santuari rimangono qui per il resto della loro vita. Vivono liberi in spazi dove possono correre e giocare in libertà, fuori da gabbie e recinzioni di metallo.
Se questo è l’elemento che li diversifica c’è un’altra condizione che al contrario li accomuna ai rifugi, ovvero: l’onere economico. E’ facile intuire che le cure veterinarie e il cibo per animali di solito hanno un costo elevato, comune problema anche per gli altri tipi di strutture, ed i Santuari cercano di fronteggiarle grazie alle donazioni dei privati poiché i sussidi pubblici spesso sono scarsi.
Ogni Santuario mette in atto un sistema di autofinanziamento. Chi cerca sponsor, chi organizza eventi in cui raccogliere soldi e chi lancia campagne di crowdfunding.
In questa situazione di precaria liquidità risulta difficile assumere anche personale, nonostante ce ne sia bisogno, e la maggior parte funziona dunque solo con il lavoro di volontari.
Alcuni centri riescono ad ottenere proventi organizzando visite guidate. Fanno cioè pagare un prezzo simbolico ai visitatori che vogliono conoscere il luogo ed il funzionamento riuscendo a raccogliere abbastanza per poter sostenere poi le spese veterinarie.
Ovviamente, esistono diverse tipologie di strutture in base alle specie che vengono ospitate, praticamente Santuari “specializzati” a tutti gli effetti, o in base all’ambito o situazione da cui salvano gli animali.
Per capire meglio.
Certi si occupano di cavalli o asini maltrattati, concentrandosi solo sugli equini. Ciò consente ai volontari e ai zooiatri di specializzarsi e conoscere a fondo le problematiche.
Altri, ad esempio, salvano quegli animali scartati (un termine crudo ma che rende la realtà) dalle fattorie per il consumo di carne. In questo caso i Santuari non sono “specializzati” su di un genere ma accolgono una fauna molto varia: dalle mucche alle pecore, dai maiali passando per le galline, le capre, le pecore, le anatre e persino qualche coniglio. Qualcuno è dedicato ad accogliere gli animali dei circhi e ospita tigri o orsi, altri ancora proteggono la fauna marina e se hanno spazio possono accogliere orche o altri cetacei.
Addirittura sono stati creati santuari di farfalle o lucciole, come nell’arcipelago Toscano, che non hanno mura, permettendo a questi insetti di vivere e volare liberamente nella foresta.
Spesso nel mondo queste strutture sono allestite in zone nascoste e comunque difficili da raggiungere. In questo modo si vogliono evitare possibili furti, episodi di rappresaglia o violenza e che la gente bersagli il luogo abbandonando i propri animali in maniera indiscriminata.
In Italia i Santuari salvano principalmente animali da reddito da morte certa dando loro una casa per vivere a contatto con la natura, liberi da obblighi verso l’uomo.
La Rete dei Santuari di Animali Liberi in Italia è un riferimento in merito. I componenti la definiscono “un’aggregazione di progetti che si riconoscono essere molto vicini nel loro percorso e che hanno come obiettivo comune quello di contribuire ad un miglioramento dell’attuale relazione tra animali umani e tutti gli altri”.
Grazie alla loro attività hanno saputo creare dei luoghi di rifugio per molti soggetti condannati e senza una casa.
Ma nello specifico quali elementi chiave deve possedere una struttura perché possa essere qualificata come Santuario? In Italia e più precisamente a Brescia come sono queste realtà?
Lo approfondiamo nei prossimi articoli perché conoscere in maniera più approfondita ci permette di capire come aiutare.
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