E’ stata svelata questa mattina, nel quartiere San Bartolomeo di Brescia, la terza opera del LINK – urban art festival. Si tratta del murales realizzato dall’artista bolognese Luogo Comune.
Il festival è ripartito lo scorso Agosto con il primo grande intervento murale, con qualche mese di ritardo rispetto al previsto ma non per questo variando la propria offerta. Il primo murales svelato era stato quello nel quartiere Lamarmora (Campo da pallavolo Scuola Canossi, Via Gheda), il secondo era stato quello nel quartiere Violino (Piazza Teotti).
“Il suo scopo non è insegnare verità, ma di porre domande: domande sul dolore degli altri”. Partendo da questa citazione del piccolo ma significativo pamphlet “Il dolore e l’esilio” di Guido Crainz, l’opera dell’artista Luogo Comune vuole riflettere sul tema dell’arrivo nel 1952 di una parte della comunità di esuli dell’Istria nel quartiere di S.Bartolomeo a Brescia.
Una grossa parte del lavoro e della ricerca dell’artista è proprio quella di realizzare interventi site specific che abbiano una forte relazione con il contesto in cui si inseriscono e che instaurano un dialogo narrativo con tematiche e storie legate al territorio. In questo caso attraverso delicate metafore l’arista sceglie di rappresentare elementi naturalistici e antiche leggende dell’area nord adriatica per costruire e suggerire una narrazione su questo tema complesso così legato al quartiere.
La parte superiore del dipinto fa quindi riferimento alla leggenda di Bora, figlia di Vento, che innamoratasi dell’eroe umano Tergesteo se lo vide strappato dal padre geloso. Bora, straziata dal dolore, incominciò ad urlare e a piangere tanto forte che ogni sua lacrima si trasformava in pietra. Nel tentativo di consolarla da tanta disperazione, Madre Natura fece nascere dal sangue di Tergesteo la pianta di Sommaco, che da allora inonda di rosso l’autunno dell’Altopiano Carsico, morfologia presente nella parte nord est dell’Istria.
Proprio questo albero, raffigurato nella parte inferiore del dipinto, si lega fortemente a un altro importante aspetto del quartiere: la presenza di concerie nell’antichità. Le foglie dell’albero, ricche di tannino e trementina, infatti venivano infatti usate nella concia delle pelli e per la tintura delle stoffe. Infine S.Bartolomeo, da cui prende il nome il quartiere, è un Santo martire morto scuoiato, il cui attributo è proprio il coltello, patrono dei pellicciai e dei conciatori. Tutti gli elementi del disegno, dagli strumenti del mestiere del conciatore ai dettagli naturalistici del territorio Istriano ispirati dalle illustrazioni dai manuali di geologia e cartografia, vengono elaborati in chiave grafica, inseriti all’interno di una studiata composizione e combinati ad una ristretta palette di colori finemente bilanciati, innestando pienamente l’opera nella recente ricerca visuale dell’artista. Attraverso una fitta rete di rimandi e simbologie, interconnessi tra loro, lo spettatore ha gli elementi per avvicinarsi e interrogarsi sulla questione dell’esodo del popolo Isitriano-Dalmata, avvenuto nell’immediato dopoguerra e che sì è legato anche alla città di Brescia
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