Scusa, ferma a Brescia: giusto? | IO, TE E IL TRENO / 2
Viaggiatore XY: “Ciao a tutti, mi chiamo viaggiatore e da 2 anni sono una pendolare, dipendente, non per scelta e non perché da loro retribuito, dalle ferrovie italiane…”
“CIAO, SCUSA, FERMA A BRESCIA, GIUSTO?”
Mi è sempre piaciuto scrivere. Anche quando non lo sapevo fare, scrivevo già. Forme indistinte, linee a caso, ma scrivevo. Alla fine del mio percorso linguistico di scuola superiore avevo deciso di iscrivermi ad una facoltà giornalistica, per poter appunto coltivare la passione per la scrittura. Tuttavia, scoraggiato dai costi di iscrizione delle principali facoltà giornalistiche, ho scelto di ripiegare o, meglio, di riorientarmi sulle lingue straniere, che mi hanno pian piano portato a Brescia, dove lavoro come insegnante di inglese in un liceo scientifico. A Brescia. Ma io sono bergamasco. Non nego che, a volte, ho paura.
Scherzi a parte, non ho mai dimenticato la scrittura, che avrei sempre voluto portare avanti seguendo un progetto e un orientamento specifici. Ecco, questo è sempre stato, in generale, uno dei miei difetti: la scarsa organizzazione. Scrivevo, a caso, quando e dove mi andava, senza un senso logico particolare nella scelta degli argomenti. Nessuna cornice, nessuno sfondo, nessun tema preciso. Ma, in compenso, molta cura. Anche nella compilazione della lista della spesa che, con capilettera e lettere decorate, diventa una lista della spesa bella. “È un peccato non approfondire tutto questo, lasciarlo così, in balia degli eventi e della poca costanza”, pensavo.
Ora però uno sfondo c’è, ed è quello solitamente grigio nebbia delle fredde mattine invernali, quando, con indosso una sciarpa di lana intrecciata con fili d’ansia, aspetto l’arrivo del convoglio che mi dovrebbe portare a destinazione entro una certa ora. Il condizionale è però d’obbligo, qui più che in altri casi, visti i ritardi sempre più cospicui di Trenord.
Fortunatamente però molto spesso non sono solo, e ho con chi condividere questa significativa parte della giornata. C’è infatti una ragazza che attende speranzosa da più anni di me, perdendo la pazienza con la stessa rapidità con cui Bolt percorre i 100 m. Lei ha creato lo sfondo per questa rubrica: lamentandoci e confrontandoci abbiamo pensato di scrivere, per dare un senso a ritardi senza senso, per cercare di ridere anche quando non resterebbe che piangere.
Personalmente scriverò per soddisfare il mio bisogno di esprimermi, che sento da un po’ con particolare forza. Lo farò prima con carta e penna, sulla meravigliosa agenda targata Oxford che la scuola mi ha regalato, per poi copiare il tutto a PC. Come ho fatto al tempo della tesi di laurea, quando avevo fogli svolazzanti sparsi per la casa. Una volta, cadendo, si sono mescolati e, non avendoli numerati, è stato un po’ come comporre un puzzle di 1000 pezzi. La composizione più faticosa e sorprendente che abbia mai visto.
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