(a.t.) L’8 marzo in Italia e a Brescia non ha coinciso con la “festa della donna”. Ma con lo sciopero generale indetto dai sindacati “per rivendicare i diritti delle donne”.
Fare iniziative concrete per promuovere i diritti delle donne lavoratrici ed evidenziare l’ingiustificato gap nello stipendio con i colleghi uomini (in Italia le donne percepiscono mediamente il 5.5 per cento in meno dei colleghi uomini) è giusto e doveroso. Ma tra i temi della protesta manca l’elemento cardine. Ciò che in tutto il mondo “avanzato” tutela le donne più di qualsiasi altra cosa è la presenza di un welfare che sia in grado di offrire servizi utili, completi e gratuiti alle famiglie.
A questo, poi, andrebbe aggiunto un elemento chiave. Nella qualità della vita delle donne (e degli uomini) che lavorano un elemento determinante è un sistema di trasporto pubblico che funzioni davvero e che garantisca un servizio per 365 giorni giorni all’anno, facendo in modo che eventuali proteste non provochino pesanti disagi a donne, lavoratori e famiglie che non vogliono o non hanno il reddito per spostarsi quotidianamente con altri mezzi.
Per questo lo sciopero di oggi è un’iniziativa sbagliata. E l’ennesima riprova – se non bastasse il voto – di come parti del sindacato siano rimaste indietro rispetto alle esigenze del Paese reale e siano oggi poco capaci di leggere le reali istanze dei lavoratori.
Le donne lavoratrici di cui si rivendicano i diritti (e nel settore privato saranno comunque in molti a non poter scioperare) sono le stesse che oggi avrebbero dovuto prendere treni, bus e arei per recarsi sul luogo di lavoro. Oggi queste donne non avranno più diritti, ma soltanto più problemi (e non si dica che le fasce di rispetto sono un elemento sufficiente a tutelare chi viaggia). La verità è che una delle classi più deboli, in Italia, sono i pendolari. Molto più deboli dei dipendenti pubblici. Tanto deboli che ai loro diritti, in questa giornata, non ha pensato nessuno.
Chiedetelo alle donne lavoratrici cosa ne pensano.
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