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Il centrodestra e la Loggia, un anno dopo | di Angelo Piovanelli

di Angelo Piovanelli – Era il settembre del 2016 quando scrivevo di un centrodestra bresciano che, per individuare il candidato sindaco per Loggia 2018, si trovava con una matassa da sbrogliare di cui non si vedeva né il capo, né la coda. Mai pensando che fosse una matassa con un filo lungo chilometri, visto che ad oggi il candidato ancora non c’è.  E alla fine del 2017 il garbuglio si è fatto machiavellico con un “teatrino” politico che Paolo Paoletti ha ben evidenziato nella sua lettera al direttore dei quotidiani locali del 29 dicembre.

Tra “politici” e “civici” di nomi di candidati sindaco ne sono stati bruciati ormai parecchi e tutti all’insegna del dividere più che unire. Ora il cerchio è chiuso, con ognuno dei partiti della coalizione di centrodestra che ha messo sul tavolo i propri calibri da novanta: Simona Bordonali e Fabio Rolfi per la Lega; Viviana Beccalossi per Fratelli d’Italia; Paola Vilardi per Forza Italia. Tutti politici!

Cerchio chiuso, problema risolto! No. Chi dei sopra citati rinuncerà a far valere il primato del proprio partito? Chi rinuncerà a far valere l’identità che ogni partito, giustamente, espone quale elemento distintivo del proprio agire politico? Come si potrà far sintesi in modo dignitoso delle logiche identitarie di partito che emergono piuttosto dissonanti?

I cittadini sono stanchi di ipocrisia e di opportunismo, quello che l’elettore oggi vuole dai partiti, soprattutto quelli tradizionali, per recuperare fiducia nei loro confronti, è di vedere trasparenza, coerenza, dirittura morale, elevata aspirazione ideale e un forte senso di spirito di servizio.

Mettersi insieme significa dover condividere una parte del proprio bagaglio culturale, mettere in discussione le proprie idee, le proprie proposte e dover trovare mediazioni che, spesso, finiscono con l’essere sempre al ribasso mortificando la qualità della proposta politica. E’ come una riduzione della propria autonomia, una libertà condizionata.

A questo punto c’è da chiedersi se sia già il caso di cercare un candidato unico per una coalizione che di fatto non si sa se rispecchierà la nuova scacchiera della politica nazionale con partiti predisposti, nel nuovo parlamento, ad ogni gioco e ad ogni alleanza pur di governare.  Perché si dovrebbe mettere insieme ora a Brescia la coalizione che Berlusconi, Salvini e la Meloni non hanno ancora fatto a Roma?

In effetti il prezzo dell’unità è alto e giustamente qualcuno si chiede se sia il caso già ora di pagarlo. Il mantra a cui tutti si rifanno è che “uniti si vince” pur sapendo che in politica non ci sono dogmi e che l’unità che si sta cercando è un’unità “a tutti i costi”. I cittadini, se di unità si deve parlare, vogliono un’unità autentica, non per mero calcolo elettorale.

Di certo per ora ci sono le date delle elezioni politiche (4 marzo) e quella entro cui i partiti nazionali dovranno presentare le liste dei candidati (30 gennaio). Penso che prima di quest’ultima il candidato sindaco di Brescia non ci sarà, perché per arrivare ad un gomitolo c’è ancora parecchio filo da avvolgere tra Forza Italia, Lega e FdI. C’è il “disegno” nazionale che deve maturare e ci sono, oltre all’individuazione di un possibile candidato sindaco unitario, da colmare la distanza e le differenze sui contenuti di un programma comune sul quale non c’è stato nemmeno l’approccio.

Quando si deve identificare un leader ci sono sempre le due strade: scegliere l’uomo (o la donna) affidando a lui il compito di predisporre un programma condiviso o elaborare, da parte di chi si vuol mettere insieme, un programma comune identificando poi l’uomo (o la donna) che lo possa interpretare al meglio.

Il nuovo sindaco di Brescia sarà deciso dal turno di ballottaggio perchè al primo turno non vince nessuno.  C’è tempo fino al 30 gennaio per valutare il percorso migliore (si voterà a maggio), ma forse ci sarà tempo anche dopo il 4 marzo. A volte, quando le scelte sono accidentate e complesse, la fretta è una cattiva consigliera! Se poi i leader bresciani dovessero decidere di fare tutto indipendentemente dal quadro politico nazionale allora è un’altra storia, perchè l’opzione tra il centralismo democratico e la territorialità dei partiti è come il chewing gum.

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Redazione BsNews.it

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