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L’anticomunismo pervicace di Sandro Fontana

di Elio Marniga – La Fondazione Micheletti ha pubblicato un “quaderno” dedicato a “Sandro Fontana storico e politico” che della Fondazione è stato presidente negli ultimi anni della sua vita. E’ una lettura interessante, specie per chi, come me, ha conosciuto Sandro Fontana solo da lontano, sfiorandone la personalità in rare occasioni, le quali tuttavia sono state sufficienti per permettermi di coglierne la vivace intelligenza, che si esprimeva chiaramente nella irrequietezza degli occhi, mai invasivi, sempre curiosi.

Personaggio forte e complesso; così è sempre apparso Fontana, a me che le vicende politiche bresciane e nazionali seguivo solo distrattamente, interessato com’ero di più a quelle del mio piccolo paese natio. Di conseguenza son sempre rimaste senza risposta alcune domande che mi ponevo riguardo alla sua azione politica.
Per esempio mi chiedevo da dove venisse il suo feroce anticomunismo. Anni fa mi rifiutai di credere a quanto mi suggerì un comune amico: che quell’anticomunismo avesse radici psicologiche, fissate in lui da in una tragica vicenda accaduta nel ’45 a Marcheno e che vide, protagonista vittima, uno zio suo. Il saggio di Ettore Rotelli, il primo dei quattro che arricchiscono il libro, mi dà invece una risposta molto più convincente: l’antifascismo di Sandro Fontana ha fondamento, fin dal 1960, nella sua avversione all’integralismo di Dossetti, al di lui partito. totalizzante appunto come il partito comunista, e che contrastava, secondo lui, con il concetto di partito aperto e non onnivoro di tutte le realtà sociali proprio del pensiero di Sturzo e di De Gasperi. Una motivazione quindi alta, culturale; un bagaglio che si porterà appresso sempre ma che, forse, non è sufficiente a dare una spiegazione al suo schierarsi, negli anni che seguirono il dissolvimento della DC, con Berlusconi; un bagaglio che però traspare dal famoso “Preambolo”, che molti dicono steso da Fontana, e che Donat Cattin presentò al congresso della D.C. , ponendo così termine al “compromesso storico”.
Questo suo anticomunismo può anche spiegare il contrasto duro che, qui a Brescia, ci fu con quelli del “Circolino”, pure essi, come lui, aderenti, a livello Nazionale, alla corrente di Forze Nuove? Non mi pare motivo sufficiente, come non lo è a spiegare il perché Donat Cattin, con lettera resa nota dopo la sua morte, preferì altri a lui come suo successore. Sull’argomento sarebbe interessante sentire i Landi, i Papetti, i Fappani; ma costoro sono pensionati in pensione, per quanto riguarda le vicende politiche.
Il punto centrale del libretto, la sua stessa ragione di essere, è però la pubblicazione della corrispondenza che il giovane Fontana, maestro elementare e studente studioso alla Cattolica, intrattenne con Norberto Bobbio. Sul libro inizia Bobbio, nel 1956, con un “caro signor Fontana” e conclude, nel 1963,  con un “Caro Fontana”, che fa ben capire come tra i due si fosse raggiunta una certa dimestichezza di rapporti e di idee. Tra tutte, la lettera che Fontana scrive al “Caro Professore” e datata: Collebeato, 17 gennaio 1961, è quella che più mi ha interessato poiché è molto personale. In essa il giovane parla dei suoi progetti, delle sue ambizioni; di quelle pratiche, (120.000 lire al mese per 6-7 ore alla settimana di lavoro come direttore didattico; diventerà il più giovane direttore d’Italia); di quelle intellettuali (rimanere nell’ambito universitario ma senza sacrificare i suoi, ormai solidi, interessi politici); è una lettera in cui io vedo l’uomo, deciso, ambizioso ma prudente; aperto alle proposte ma non avventuroso. Insomma, vi si palesano tutte le qualità del politico che sarà. Il libro si chiude con il breve saggio di Fontana su “La polemica anti-ideologica di Norberto Bobbio” alla quale fa riferimento il professore nella sua ultima.
Ma è davvero solo questa la corrispondenza tra i due? Non lo credo; perché c’è almeno un’altra lettera di Fontana a Bobbio; una lettera alla quale viene allegato “l’opuscolo” (così lo chiamerà Bobbio), di Fontana  su “Il decalogo del popolarismo”. La lettera di risposta di Bobbio viene pubblicata sul Corriere della Sera l’11 gennaio del 1993, all’insaputa dell’autore che, il giorno dopo, se ne lamenta con forza, sempre sul Corriere. Nella sua lettera Bobbio rileva ancora una volta l’anticomunismo pervicace di Fontana; scrive infatti: “Il tuo discorso sembra quasi sempre accompagnato da un commento tra le righe: “Ah, se non ci fossero stati i comunisti.” Anche solo il “tu” usato da Bobbio fa capire che la corrispondenza tra i due è stata molto più sostanziosa di quanto appare dal libro pubblicato dalla Micheletti; ci sarà qualche giovane studioso che ne farà ricerca? Me lo auguro.
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Redazione BsNews.it
Tags: elio marniga

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