Cari bresciani, l’Inglese non è la supercazzola
di Andrea Tortelli – Mi ha scritto una “cultural referent”. Beata lei: pensate alla fatica se per lavoro avesse fatto la referente dei progetti culturali della sua azienda. Probabilmente, comunque, la signorina è collega di quel tizio che fa il “social media manager”, che evidentemente – a differenza di quanto potrebbe suggerire l’italiano – non fa il gestore delle altrui pagine Facebook per poche decine o centinaia di euro al mese. E la signorina in questione avrà per amico pure quel fighissimo “junior account”, che evidentemente non fa né il (giovane) commerciale né il (giovane) precario sfruttato.
Forse, invece, la nostra “cultural referent” conoscerà benissimo quell’altra che – leggo sui social – ha fatto la “marketing strategist”, la stratega del marketing (questo non lo traduciamo, rende meglio in Inglese): ancora non mi capacito di come abbia conquistato il titolo accademico mentre, sotto i miei occhi, fotocopiava documenti a più non posso. E se guardate bene su Linkedin, ancora, scoprirete un diluvio di “Ceo” (evidentemente pronunciati “Ceo” e non “sio”), che non sono amministratori delegati per il solo fatto che nella maggioranza dei casi non hanno aziende o le loro aziende hanno loro stessi come unici dipendenti. Magari le chiamano pure “startup”.
Questo elenco lo potrei continuare all’infinito, tra “press officer” che evidentemente non fanno gli addetti stampa (o forse i comunicati li mandano al Sun e al Daily Mirror), “consultant” che non fanno i consulenti, “event manager” che non fanno gli organizzatori di eventi, “web specialist” che non fanno gli specialisti del web (o della Rete). Basta dare un’occhiata ai contatti di Linkedin per rendersi conto della situazione.
Un tempo la vox populi prendeva – ingiustamente – in giro gli spazzini che pretendevano di essere chiamati “operatori ecologici” o i bidelli che erano “collaboratori scolastici” o “personale Ata”. Oggi, anche a Brescia, siamo arrivati ben oltre.
Un memorabile pezzo di Lercio.it (se non lo conoscete… conoscetelo) titolava così: “Aggiungere inglesismi random non improva le vostre skills”. Ecco. In Italia l’Inglese lo parlano ancora in pochi, ma sono tantissimi a utilizzarlo per ipnotizzare il prossimo e rendersi più appetibili sul mercato del lavoro. Insomma: l’Inglese è diventato la nuova supercazzola (prematurata a destra, come se fosse antani…).
Se lo fanno quasi tutti, evidentemente, funziona. Quindi probabilmente sbaglio io. Ma a me questo diluvio di anglicismi ha sinceramente stancato. Parlate come mangiate, please. Per la gioia mia e di Pellegrino Artusi.