Cronaca

Perché i cinesi a Brescia non muoiono mai… da giovani | ECCO LA RISPOSTA

di Andrea Tortelli – La questione vive anche a Brescia sotto forma di leggenda metropolitana. I cinesi, si ascolta nei bar o per strada, non muoiono mai. E immancabilmente – a fronte della prima manifestazione di dubbio dell’ascoltatore – chi ha pronunciato la fatidica frase aggiunge con tono provocatorio: “Hai mai visto il funerale di un cinese?”. Difficile che qualcuno abbia avuto una “fortuna” tale da poter rispondere di sì. Ma le ragioni sono ben diverse da quelle della leggenda. I cinesi non sono diventati immortali grazie all’assunzione di dosi massicce di ginseng. E non è vero che non muoiono perché i cadaveri vengono fatti sparire in modo da poter consegnare il permesso di soggiorno dei defunti ad altri.

I cinesi – anche a Brescia – non muoiono semplicemente perché mediamente sono troppo giovani per farlo. Dei 2.315 cittadini cinesi che al 31 dicembre 2012 (l’ultimo dato di dettaglio reperibile sul sito del Comune) erano residenti nella città di Brescia, ben il 33 per cento (774) aveva meno di 19 anni (contro una media degli immigrati del 27 per cento). Mentre solo l’1,07 aveva più di 65 anni. Quest’ultimo valore è inferiore anche alla media complessiva degli stranieri a Brescia (1,47 per cento) e rappresenta una briciola rispetto agli italiani, dove la percentuale degli over 65 supera il 30 per cento. I dati del 2015 ad oggi consultabili vanno nella stessa direzione: a fronte di una crescita leggerissima del totale degli immigrati di questa nazionalità (2340) si segnala un’età media di 29,72 anni. Facile – di fronte a questi numeri – spiegare perché i cinesi rappresentino una quota minima dei defunti bresciani.

Non solo: studi come quelli effettuato dal vicino comune di Milano dimostrano che il tasso di mortalità tra i cinesi non è affatto diverso da quello di altre etnie, come i filippini e gli egiziani (tra lo 0,6 e lo 0,8 per cento). E a chi, candidamente, chiede: “Hai mai visto il funerale di un cinese?” sarebbe facile rispondere a tono: “Tu hai mai visto il funerale di un egiziano o di un indiano?”.

La risposta, per la maggior parte di noi, sarebbe ovviamente un no. E le ragioni, come già detto, sono innanzitutto statistiche: il tasso di anziani tra i cinesi è sotto la media degli stranieri e ben sotto quella degli italiani, e la saggezza popolare insegna che pochi giovani (fortuna loro) muoiono prima di essere invecchiati. Ma per spiegare il fenomeno esistono anche questioni sociali: quanti cinesi o egiziani frequentiamo nella nostra quotidianità e dunque che possibilità abbiamo di venire a conoscenza di un lutto in questa comunità? Infine vi sono le questioni culturali e religiose. Banalmente: essendo atei o agnostici, la maggioranza dei cinesi non celebra particolari riti e il loro funerale contempla solo la visita domiciliare alla salma da parte dei parenti.

Vi è poi il fenomeno dei viaggi di ritorno, in vita o dopo. Esistono diversi casi di malati gravi che preferiscono tornare in Cina a farsi curare, ma anche molti anziani che nel testamento chiedono di essere riportati nella madre patria, dove fino a qualche tempo fa era consentita la sepoltura in una tomba scavata nella collina più vicina a casa. E questo spiega ulteriormente la scarsità di nomi stranieri e cinesi nei cimiteri della Leonessa.

Scarsità. Non assenza. Perché basta consultare l’elenco on line dei defunti nel Comune di Brescia* – per scoprire – soltanto fermandosi ai dieci cognomi più diffusi in Cina – che al Vantiniano sono sepolti cinque Wang, ma non mancano nemmeno gli Zhang, i Liu, i Chen e gli Yang (impossibile censire on line gli Xu e i Wu perché il troppo italiano sistema di ricerca non permetteva di cercare i cognomi con meno di tre lettere). Insomma: purtroppo – per loro – anche i cinesi muoiono. Anche a Brescia.

NOTA: *BsNews ha recuperato l’accesso ai dati del giugno 2014, perché oggi per effettuare ricerche è necessario inserire nome e cognome.

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Redazione BsNews.it

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