Anche il Vice Presidente del Senato Roberto Calderoli commenta la sentenza di ieri che ha visto condannati, con pena dai 10 ai 13 anni, la banda di albanesi che ha ucciso Pietro Raccagni, macellaio di Pontoglio, che li aveva sorpresi a rubare in casa. In un lungo post su Facebook Calderoli parla di sconfitta dello Stato, sostenendo quanto siano basse le pene date ai malviventi. " Ancora una volta c’è l’amara sensazione che questo Stato pensi a tutelare più Caino che Abele, che abbia più attenzione e comprensione verso chi uccide e aggredisce verso chi invece era in casa propria e stava vivendo la sua vita prima che qualcuno la spezzasse con violenza inaudita. Tra pochi anni questi assassini torneranno liberi, liberi di colpire nuovamente come insegna la recente vicenda dell’assassino albanese evaso e ucciso due sere fa nel corso di una rapina casalinga nel milanese da un gioielliere che, sparando, ha salvato se stesso e la sua famiglia".
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"Io sto sempre con Abele. E quando poco fa ho sentito dire alla vedova Raccagni queste parole, "Sarebbe stato meglio avere un’arma quella sera perché ci saremmo difesi, meglio un cattivo processo che un bel funerale", ho provato dolore e smarrimento, come uomo e anche come politico, perché capisco cosa sta provando questa donna, la sua giusta rabbia, la sua giusta delusione verso questo Stato. Perché queste parole, pronunciate dalla vedova di Pietro Raccagni subito dopo la sentenza del tribunale di Brescia che ha condannato a pene incredibilmente basse, tra i 10 e i 13 anni, i quattro aguzzini albanesi che hanno barbaramente ucciso suo marito nel corso di una rapina casalinga la scorsa estate, rappresentano la peggior sconfitta per lo Stato. Queste parole sono un pugno nello stomaco e una vergogna per delle istituzioni che prima non sono riuscite a proteggere questo cittadino e la sua famiglia e dopo non sono riuscite nemmeno a dargli un minimo di giustizia, grazie all’assurdo meccanismo di riti processuali che permettono di avere enormi sconti di pena anche ad assassini feroci come quelli che hanno ucciso il povero Pietro Raccagni.
Ancora una volta c’è l’amara sensazione che questo Stato pensi a tutelare più Caino che Abele, che abbia più attenzione e comprensione verso chi uccide e aggredisce verso chi invece era in casa propria e stava vivendo la sua vita prima che qualcuno la spezzasse con violenza inaudita. Tra pochi anni questi assassini torneranno liberi, liberi di colpire nuovamente come insegna la recente vicenda dell’assassino albanese evaso e ucciso due sere fa nel corso di una rapina casalinga nel milanese da un gioielliere che, sparando, ha salvato se stesso e la sua famiglia. E qui si torna ancora una volta alla questione di mettere mano quanto prima alla legge sull’eccesso di legittima difesa, perché sul banco degli imputati non possono salire i cittadini che si difendono in casa propria da criminali senza scrupoli. Io sto con Abele, sempre. Lo Stato invece decida se stare con Caino o con Abele, decida se vuole garantire protezione e giustizia ai cittadini o se preferisce continuare a tutelare questi delinquenti e assassini.
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