Rivelazioni forti quelle di Marino Andolina nelle 45 pagine di interrogatorio davanti al Gip di Brescia Carlo Bainchetti, pubblicate qualche giorno fa. Il medico triestino, arrestato nell’ambito dell’inchiesta della Procura su Stamina, ha ammesso di aver effettuato la cura su alcuni pazienti – cura che ritiene non pericolosa, ma della quale non ha certezza – ma anche di sentirsi responsabile di non aver fermato coloro che volevano creare "un’altra Stamina". Andolina ha ammesso di conoscere i componenti della fondazione Amici di Raoul – tutti indagati – che in realtà non si è mai costituita, e che incassavano i soldi per le cure e li depositavano su conti svizzeri.
Come riporta il Giornale di Brescia Andolina racconta di averli conosciuti al Civile il 22 agosto 2014 quando, ausiliario del Giudice, somministrò ad un paziente l’ultima iniezione autorizzata. Il giorno dopo, però, con gli altri medici indagati, ne effettua altre in un motel. Il medico racconta di aver cercato di convincere i pazienti che si erano presentati a non farsi fare l’iniezione, ma di fronte a un genitore infuriato e insistente ha continuato. «In pochi secondi ho deciso: faccio il placebo alla bambina perché credo che per lei sia il danno minore. – ha raccontato – Meglio un butterfly sottilissimo, che non se ne accorge neanche, che vedere il papà dare in escandescenze. E dopo non ho potuto negarlo ad altri». Da quel momento in poi però Andolina aggiunge che non ha più avuto rapporti con la Fondazione e che, in qualsiasi caso, lui non ha mai preso denaro per somministrare la cura.
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