Quell’episodio fece il giro di tutti i media nazionali: un cane massacrato dai suoi padroni in mezzo alle malghe e un video di un passante che riprese tutto. Lo sconcerto era corso non solo all’interno della comunità di Breno, teatro del fatto, ma anche sull’web. "La presenza nella struttura comunale degli autori di quel gesto è incompatibile con la tradizione di civiltà di Breno" aveva affermato Sandro Farisoglio l’indomani, annunciando che l’ente locale non avrebbe "mai più affidato la locazione della malga del Crocedomini ai responsabili del massacro".
Eppure a distanza di tempo, scrive il Bresciaoggi, i responsabili sono ancora legati alla zona. Cosa che ha fatto ripartire le polemiche sia da parte dei produttori dell’agroalimentare doc camuno, che sul web fanno appello affinché il Comune tolga ai malghesi la zona, sia dal Partito protezione animali che, nella figura di Fabrizio Catelli, presidente del Ppa, invita il sindaco "a mantenere la parola data. Altrimenti lanceremo una campagna nazionale di protesta: tutta Italia saprà che Breno è il paese dove i cani vengono uccisi a bastonate fra l’indifferenza delle istituzioni".
Il sindaco risponde a toni e dichiara al quotidiano "Il Ppa attribuisce la gestione di altre tre malghe ai responsabili dell’uccisione del cane, in realtà si tratta di un caso di omonimia. Fomentare l’opinione pubblica con notizie inesatte è inaccettabile. Il Comune è coerente: faremo quanto abbiamo annunciato rispettando i tempi e le modalità della legge".
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