(a.tortelli) L’uomo non è di quelli che indulgono all’iperbole. E il mondo dei social suscita in lui interesse, ma anche qualche “sana” diffidenza epidermica. Per Luigi Morgano anche i media tradizionali sono da utilizzare con il contagocce. Quando esiste un reale bisogno politico, non certo come megafono per polemiche o attività di piccolo cabotaggio. Insomma: il direttore dell’Università Cattolica di Brescia è un politico ben collocato nel presente, ma con maniera ed educazione “antica”.

A determinarlo non sono tanto l’anagrafe o il curriculum lunghissimo, che comprende anche incarichi di rilievo in Loggia, in A2A e nel mondo dell’associazionismo cattolico. Quanto l’approccio all’azione politica, basato non sull’immagine personale e sulla promozione virtuale, ma sulla capacità di creare, mantenere e rappresentare una rete fisica di cittadini.

E’ proprio su questa rete che oggi Morgano punta per conquistare le migliaia di preferenze necessarie a essere eletto alle imminenti elezioni europee. Un appuntamento in cui, considerando i partiti maggiori, i bresciani in campo si riducono a due: da una parte lui, portabandiera del Pd, dall’altra il sindaco di Adro, leghista, Danilo Oscar Lancini.

Il collegio è “infinito” (comprende Lombardia, Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta), la concorrenza spietata e raccogliere preferenze costa. Chi gliel’ha fatto fare?

Nelle scorse settimane ho ricevuto pressanti sollecitazioni dal mondo dell’associazionismo e dalle realtà Fism, la federazione italiana delle scuole materne d’ispirazione cattolica – senza scopo di lucro – che mi onoro di presiedere. Questi inviti all’impegno sono stati decisivi nella mia scelta. Una scelta compiuta nell’ottica del servizio e nella consapevolezza che la partita europea si gioca sulla capacità di raccogliere consenso, non su designazioni dall’alto o posizioni di rendita.

In queste elezioni prevale la logica del territorio o quella del progetto politico? Di più, che utilità ha per Brescia esprimere un proprio candidato in Europa?

Il sistema della preferenza rende determinante l’appartenenza territoriale del candidato. E di certo per la realtà bresciana non è indifferente il fatto di poter esprimere o meno un europarlamentare che sappia fare da tramite tra i diversi livelli territoriali su questioni come l’agricoltura, l’industria, il commercio, il turismo, la formazione e la ricerca. Tanto più in una provincia come la nostra economicamente proiettata verso l’estero.

La campagna elettorale però sembra caratterizzata più da questioni macro. Come l’utilità dell’euro e i vincoli che impediscono all’Italia lo sforamento del tetto del 3 per cento nel rapporto deficit-Pil…

L’euro ha rappresentato il primo passo verso l’integrazione degli Stati europei. Ma già alla sua nascita gli economisti avevano messo in guardia sui rischi di una moneta unica non supportata da un bilancio federale e da una Banca centrale attiva. La crisi ha fatto emergere questi elementi di debolezza ed è compito della futura classe politica europea mettere in atto i meccanismi necessari per superarli. Allo stesso modo, certo, è importante tenere i conti in ordine. Ma i vincoli di bilancio non possono essere astratti dal contesto dell’economia reale. Per questo accanto alle regole sul debito vanno introdotti indicatori sociali di qualità della spesa, che abbiano lo stesso peso dei primi.

Questioni difficili da spiegare ai cittadini in tempi di crisi. Tant’è che la campagna elettorale si gioca tutta sull’antipolitica. Ma il problema è davvero l’antipolitica o la politica “cattiva” che l’ha determinata?

La criticità è in ambo le parti. Ma certo – se la condizione di precarietà prevale sul resto e le difficoltà legate al lavoro diventano fattore comune – il rischio che si laceri il tessuto connettivo della società è forte. E l’interesse personale finisce per prevalere sull’impegno civile. Oggi la vera questione è quella di lavorare insieme per il bene comune, un’espressione da riproporre con forza perché essenziale per tornare a crescere.

E Renzi in questo contesto che ruolo ha?

Condivido a pieno la linea di Renzi, che vuole affrontare senza ulteriori rinvii questioni da troppo tempo chiuse nei cassetti. Le sue accelerazioni sono positive. Anche perché oggi stare immobili non vorrebbe dire mantenere il livello di “benessere” attuale, ma scivolare progressivamente verso il peggio.

Torniamo a Brescia. Lei è stato capolista della civica Del Bono alle ultime comunali e ha contribuito in modo significativo alla sua affermazione elettorale. Come è partito il nuovo sindaco?

Mi pare in maniera molto positiva. La giunta ha subito preso in mano le questioni più delicate e – confrontandosi in tempo reale con i cittadini e il territorio – ha definito una scala di priorità, che giustamente coincidono con welfare, scuola, lavoro, trasporto pubblico locale, salute e ambiente.

Cosa pensa concretamente di poter fare per Brescia se dovesse diventare parlamentare per europeo?

Oggi rilevo in particolare un interesse per la problematica ambientale e delle bonifiche. Sono a disposizione del territorio e delle sue istanze. Ma non spetta a me decidere le soluzioni: le scelte concrete ovviamente rimangono in capo alle istituzioni competenti, in questo caso anche al Comune di Brescia, e vanno evitate pericolose sovrapposizioni. Di certo, comunque, è necessario agire con determinazione per portare a compimento azioni concrete ed evitare che quelle avviate si blocchino nel percorso, come avvenne dopo il 2004 per il progetto di depurare le acque del Mella a Verziano. Questo sia per risolvere i problemi esistenti sia per evitare che si creino nuove situazioni di pericolo.

Un’ultima – impertinente – domanda su Brescia. Nel 2008 una serie di veti le impedirono di candidarsi a sindaco. La spuntò Del Bono, che allora perse contro Paroli e ora è sindaco. Non pensa mai che oggi potrebbe essere lei il primo cittadino di Brescia?

Al di là del fatto che non mi appartiene ritirarmi da un impegno quando lo assumo, sono contento che il sindaco sia Emilio e ne sostengo con convinzione l’operato.

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Redazione BsNews.it

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