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Consorzio Franciacorta, dibattito sull’importanza di DOCG e DOP in Italia: primo passo verso la tutela internazionale

Nell’ambito delle manifestazioni e incontri di Vinitaly 2014, il Consorzio Franciacorta ha ospitato il dibattito sulle denominazioni DOCG e DOP in Italia e sulla loro rilevanza a livello internazionale.

 

La disciplina delle indicazioni geografiche e delle denominazioni di origine è ampia e frammentata, a livello locale come a livello internazionale. Questo rende difficile una trattazione della tematica e l’individuazione di una modalità di comportamento comune che possa valere a prescindere dal contesto normativo nazionale. L’incertezza terminologica utilizzata nel quadro normativo rende impossibile attribuire a specifiche espressioni un significato tecnico-giuridico univoco; ciò si traduce nella difficoltà di applicazione delle norme.

“Il quadro normativo così definito rende incerta in alcuni contesti la tutela di prodotti che meritano la più ampia protezione – ha riconosciuto l’assessore all’Agricoltura della Lombardia, Gianni Fava – e questo fa sì che le imprese debbano fare i conti con aggravi burocratici, costi aggiuntivi e guerre legali sul piano interno, ma soprattutto internazionale, paradossalmente in alcuni casi con esiti negativi. Un mercato che si definisce libero, è un mercato regolamentato. È con questo spirito che la Regione Lombardia sta portando avanti una politica di tutela dei marchi riconosciuti, attraverso un manifesto per la lotta alla contraffazione alimentare. In Lombardia possiamo contare su 42 vini Docg, Dop e Igp, come la nuova terminologia li definisce. Siamo la regione con il maggior numero di produzione tutelata: 1,30 milioni di ettolitri su 1,46 milioni totali, pari all’89% dei vini lombardi. Credo che questa qualità e questa varietà debba essere adeguatamente protetta, nell’interesse del produttore e del consumatore”.

Con l’espressione Denominazione di Origine si identifica un prodotto originario di una determinata zona avente caratteristiche merceologiche, o di qualità, che derivano da fattori naturali o dall’opera dell’uomo. Con l’Indicazioni di Provenienza, invece, ci si riferisce ai metodi di produzione, non necessariamente legati a una specifica zona geografica.

La cornice normativa in cui si inquadra il tema delle denominazioni è molto variegata. La normativa internazionale è ricca di convenzioni internazionali, sia multilaterali che bilaterali, che trattano e regolano denominazioni d’origine e indicazioni geografiche (Convenzione d’Unione di Parigi, l’Accordo di Madrid, l’Accordo di Lisbona, l’Accordo Trips, la Convenzione di Stresa). Poi alcuni Regolamenti Comunitari, tra cui spiccano il Regolamento 1308/2013 del 17 dicembre 2013 ed il regolamento comunitario n. 1151/2012 del 21 novembre 2012, adottati nel tentativo di razionalizzare e rendere maggiormente organiche le materie trattate.

Senza approfondirne gli aspetti più tecnici, si rileva che entrambi i regolamenti prevedono una tutela specifica per le denominazioni d’origine e le indicazioni di provenienza. Questo offre ai prodotti, un’adeguata seppur migliorabile, protezione. La maggiore criticità del sistema risiede nella molteplicità degli organi giudicanti, posto che le eventuali controversie ricadono nella giurisdizione dei singoli stati.

La protezione alle denominazioni è un concetto esplicitamente normato in Italia, anche dal Codice di Proprietà Industriale. La tutela oggi è estesa all’ipotesi in cui l’uso delle denominazioni comporti "uno sfruttamento indebito della reputazione della denominazione protetta". Lo sfruttamento indebito si riferisce a "tutte le ipotesi di parassitismo o free riding, nelle quali l’usurpatore si viene a trovare in condizione di vendere più agevolmente i propri prodotti (sia in termini di risparmi di costi, sia in termini di più facile presa sul pubblico) grazie agli effetti per lui vantaggiosi di un collegamento all’indicazione od alla denominazione geografica e al conseguente riversarsi della reputazione loro connessa sui prodotti in questione".

Paolo Viscuso, dello Studio legale Jacobacci & Partners, saluta con favore questa novità legislativa, “perché costituisce un tassello fondamentale nella costruzione di un credibile perimetro di protezione per le denominazioni d’origine”.

“Inoltre si segnala che pochissimi sono stati i casi di materiale applicazione della norma. Ciò è dovuto in parte alla novità e alla complessità della materia ma anche ad una mancanza di piena consapevolezza da parte degli operatori del settore che hanno dimostrato una certa reticenza nel provare a difendere le denominazioni. In assenza di cause e di relativi pronunciamenti, non si può dar vita ad una giurisprudenza consolidata che consentirebbe di comprendere, in concreto, la reale efficacia della norma ed il suo ambito di applicazione. In tal senso risulta pioniere proprio il Consorzio Franciacorta che da anni ha dato vita ad una politica di strenua tutela della denominazione, attivando procedimenti amministrativi e giudiziali.”

In tal senso potrebbe risultare utile un "incoraggiamento" economico delle autorità nazionali a favore di quegli operatori (Consorzi e enti rappresentativi a vario titolo) che decidano, su solide basi giuridiche, di attivarsi per la tutela della denominazione di interesse.

Il Presidente del Consorzio chiude il dibattito con un auspicio per il Made In Italy affermando, “siamo felici che le istituzioni aumentino l’attenzione e si facciano portatrici della difesa del Made in Italy e delle certificazioni DOCG e DOP in ambito internazionale. Per quanto riguarda l’Italia, come illustrato dall’Avvocato Viscuso, la norma esiste ed ora serve costruire la giurisprudenza a sostegno. Noi siamo impegnati in prima persona e auspichiamo che le istituzioni possano coordinare e favorire tale processo in modo da realizzarlo in tempi brevi”.

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Redazione BsNews.it

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