Ne ha aggrediti cinque, armato di piccone, all’alba di un giorno grigio di questo piovoso mese di maggio. Sembrava una caccia all’uomo, nel quartiere milanese di Niguarda, con i passanti che fuggivano terrorizzati ed i baristi più mattinieri che abbassavano precipitosamente le saracinesche appena sollevate. Brandiva un piccone, non la mitica Colt del Far West l’uomo che la mattina di sabato 11 maggio inseguiva i passanti. Ne ha uccisi due e ne ha feriti brutalmente altri tre, prima di essere fermato dai carabinieri, con il piccone insanguinato ancora in pugno. L’omicida è un giovane ghanese, ma l’origine ed il colore non hanno rilevanza alcuna. Ciò che colpisce è che, secondo le prime notizie, l’aggressore sarebbe un irregolare, già colpito da provvedimento di espulsione nel 2011. Identificato poi a Milano soltanto qualche mese fa. Ma cosa ci faceva a Milano? Non doveva essere stato espulso, dopo che lo status di rifugiato gli era stato negato? Basta un ricorso al Tar per legittimare l’irregolarità? In attesa di che cosa? Di due morti a picconate e di tre feriti? Si discute, in questi giorni, di cittadinanza, di ius soli piuttosto che di ius sanguinis, ma il “picconatore” oltre a colpire i cinque milanesi, ha colpito i milioni di stranieri che vivono onestamente in Italia, lavorando nelle nostre fabbriche, avviando piccole attività, assistendo i nostri malati ed i nostri anziani, molto spesso con zelo e sollecitudine premurosa. Sembra che avesse anche precedenti per rapina, furto, resistenza, sempre da irregolare. Ma in Italia si può fare davvero tutto quello che si vuole? Anche da irregolari? Anche picconando all’alba, fino alla morte, incolpevoli cittadini?
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