La Gioconda? E’ bresciana. A ribadire la tesi, che certamente ha del rivoluzionario, è Sandro Albini, che con l’aiuto di Luciano Bertoli ha trasformato la sua teoria in un monologo teatrale. Secondo lo studioso bresciano – che sull’argomento ha anche pubblicato due libri – lo sfondo del celebre dipinto di Leonardo sarebbe proprio il Lago d’Iseo. Nella seconda metà del 1499 il genio toscano fuggì da Milano, e arrivò sul Sebino diretto a Venezia. Lì Leonardo conobbe le le valli Seriana e Camonica, ricavandone schizzi e disegni e completando così il suo capolavoro. A testimoniarlo sarebbe anche uno scritto di Leonardo: “Durante quel soggiorno ripresi la tavola iniziata a Milano per completarla. La connotazione di "gioconda" della Crivelli richiamò alla mente la descrizione di Elena di Troia del Boccaccio e la sfida da egli lanciata a pittori e scrittori ritenuti incapaci di dare immagine a simile bellezza. La accettai pigliando a riferimento una giovane conosciuta in quel luogo, figlia naturale di potenti, confinata come fosse una cortigiana decaduta”. Insomma: la Gioconda era una fanciulla bresciana e lo sfondo anche. Con un accorgimento: i paesaggi del Sebino non sono immediatamente riconoscibili perché Leonardo, che amava la scrittura speculare, li avrebbe rovesciati.
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