Visita romana per due magistrati bresciani che giovedì prossimo incontreranno il ministro Corrado Clini con l’obbiettivo di acquisire documenti importanti sull’annosa questione Caffaro e la sua bonifica tanto annunciata ma mai partita. A darne notizia è il dorso bresciano del Corsera. Sembra infatti che dopo l’archiviazione nel maggio del 2010 del procedimento penale per disastro ambientale e omicidio colposo, la magistratura bresciana sia intenzionata a riaprire un’inchiesta su uno dei casi di inquinamento più disastrosi d’Italia. Tra il 1938 e il 1984 infatti, 150 tonnellate di policlorobifenili sono finiti nei terreni circostanti l’azienda, inquinando 263 ettari di campi. Come conseguenza, le mucche che mangiavano l’erba tossica hanno iniziato a produrre latte tossico, finito poi sulle tavole dei bresciani. Ma le novità non finiscono qui, purtroppo. L’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (Iarc) ha riclassificato i pcb come cancerogeni certi. “Ora abbiamo la conferma che quei terreni sono inquinati da cancerogeni certi – commenta lo storico ambientalista bresciano Marino Ruzzenenti sulle pagine del Corsera di Brescia – e quindi serve un’attenzione di tutt’altro genere al problema”. Problema che qualcuno considera addirittura più grave di quello provocato dall’Icmesa di Seveso o dall’Ilva di Taranto, dove però il Governo è intervenuto stanziando fondi per la bonifica dei siti, la prima già terminata, la seconda in fase di risanamento ambientale grazie a 366 milioni di euro. A Brescia, invece, tante promesse ma ancora nulla di fatto.
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