Lavorare, lavorare, lavorare: lo dicono anche 5 proverbi bresciani
(a.m.) Non si sentono quasi più, a meno che non si abbia il piacere di chiacchierare con persone d’altri tempi. Sono i proverbi, frutto di quella tradizione popolare che si è tramandata oralmente e di quella saggezza basata sull’esperienza e la vita quotidiana. Poche parole, semplici, brevi e, talvolta, anche un po’ volgari che però mirano ad esprimere quelle che, per la cultura bresciana, erano grandi verità e preziosi strumenti d’insegnamento tra il maestro anziano e il giovane che si affacciava alla vita. Ce ne sono tantissimi, ma ne abbiamo scelti 5, particolarmente significativi della mentalità bresciana (talvolte dimenticata) del "darsi da fare".
Pötòst che nigot, l’è mej Pötòst (Piuttosto che niente, è meglio piuttosto): il vedere il bicchiere mezzo pieno è tipico della mentalità di chi fatica per un risultato
‘Na spusa buna nò l’è mai galina capuna (Una sposa buona non ha tempo per ingrassare): perchè anche la donna, capo del focolare, con tutto quello che ha da fare in casa (un tempo in campagna e oggi al lavoro) non si ferma un attimo.
‘L-è mèi consòmà le scarpe che i lensöi (È meglio consumare le scarpe che le lenzuola): dormire poco e lavorare tanto, pensiero tipico bresciano.
I miracoi i a fa i Sancc, i fàcc i a fa i òm gràncc (I miracoli li fanno i santi, i fatti li fanno gli uomini grandi): non sono fortuna, destino o strane abilità a rendere un uomo grande e importante, ma il suo sapere e la sua esperienza.
I òm se i misüra miga a spane (Gli uomini non si misurano a spanne): ancora una volta è ciò che fai che ti qualifica, quindi non si può giudicare dall’apparenza, ma bisogna badare al sodo.