Veleno da diossine e pcb nel sangue dei bresciani che lavorano nelle acciaierie o vivono nelle zone definite "pericolose". Lo conferma uno studio del servizio prevenzione dell’Asl di Brescia e dell’Istituto superiore di Sanità, pubblicato sul Giornale italiano Medicina del lavoro. I ricercatori hanno analizzato sia il sangue di 300 lavoratori metallurgici e di 20 impiegati negli uffici amministravi, sia quello di 46 persone che vivono vicino alle aziende che fondono rottami e altre 47 che vivono a distanza. "Per i lavoratori metallurgici – scrive il Corriere riportando le parole dei ricercatori – si osservano livelli ematici di pcb più elevati di quelli osservati nella popolazione non professionalmente esposta, sebbene in modo non statisticamente significativo, fatta eccezione per alcuni congeneri – come i pcb 28, 52 e 101 – che risultano significativamente più abbondanti". L’industria del ferro e dell’acciaio è tra le cause di questa situazione, come ha anche affermato l’Unione europea, e considerando che Brescia ne ha fatto uno dei suoi comparti principali, purtroppo i conti tornano. Negli ultimi anni le 22 principali aziende siderurgiche bresciane hanno investito davvero tanto per diminuire le diossine e per favorire un monitoraggio da parte degli enti: i dati rilevati sono infatti frutto di anni passati che mostrano oggi i loro effetti.
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