Banca d’Italia, con una recente ricerca nazionale, propone all’attenzione l’allargamento della povertà: cresce il numero di poveri tra le persone in pensione, tra gli operai, tra le famiglie con figli piccoli. Con un comunicato il candidato sindaco della sinistra per la Loggia 2013 Marco Fenaroli, già segretario della Camera del Lavoro di Brescia, interviene sulla notizia e denuncia la mancanza di risposta da parte delle istituzioni.
“La crisi scava, acuisce il divario tra nord e sud d’Italia, allarga la forbice tra ricchi e poveri. I vari livelli di governo sembrano indifferenti rispetto a questa dinamica sociale negativa, che, in concreto significa che i conti non quadrano più per un numero sempre maggiore di persone e di famiglie. Temo che il consenso ad una politica economica ispirata al rigore stia portando troppi alla intima convinzione che chi non ce la fa si arrangi e stia tornando in auge l’antico pregiudizio sui poveri, per il quale sono tali per colpa loro. Da qui la mancanza di attenzione a scelte che, a cascata, smantellano le tutele sociali, cancellano il tessuto di cura delle situazioni di disagio. I poveri sono una minoranza, portano vergogna della loro condizione: sono per questo silenziosi. Va invece recuperata una parola d’ordine dei sindacati dei pensionati: “dare voce a chi non l’ha”. Tutti convengono che occorre ripensare lo Stato Sociale: ma per troppi la eliminazione degli interventi di tutela è obbligata e la regressione avanza inarrestabile, incontrastata. Al contrario va rispettato il principio (art.2) costituzionale della solidarietà. La ricchezza è stata blindata dai governi della destra, i privilegi sopravvivono senza pudore, l’evasione fiscale continua a far parte delle peculiarità italiane, la corruzione occupa pagine intere dei quotidiani, gli sprechi servono agli scambi di favore tra i potenti: non è forse questa la realtà che impedisce un sostegno alla creazione di lavoro ed alla protezione dei più deboli, di quanti devono vivere con meno di 500 euro al mese? Il nostro debito non viene dalle pensioni e dai salari, tra i più bassi d’Europa, e sui quali si pagano tutte le tasse dovute, al contrario, proprio la miseria di questi redditi contrapposta agli spropositati guadagni dei grandi manager costituisce uno dei motivi della crisi. La politica, lo Stato devono riparare alla ingiustizia di questa organizzazione sociale, sviluppatasi negli ultimi decenni, e ricostruire il modello sociale europeo, quello che è cresciuto ed ha convissuto con la democrazia e la libertà. “Partire dagli ultimi” non è vuoto modo di dire, ma l’unica impostazione di un ripensamento, necessario anche a Brescia, che non è di un altro mondo. Qui la crisi per anni è stata sottovalutata dalla maggioranza di centrodestra, che ora addossa ogni colpa sul governo nazionale senza assumere iniziativa concreta, salvo illudersi di poter scaricare sul privato sociale il dovere di risposte che l’Amministrazione per prima deve saper dare ed organizzare e che volontariato e cooperazione, se non adeguatamente sorrette, non possono garantire. Questo grave deficit politico apre anche nella nostra realtà una questione sociale forse mai sperimentata: essa sarà al centro dello sforzo politico e programmatico che proponiamo alle forze della attuale opposizione, per i prossimi mesi, verso le elezioni del 2013.
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