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Fa caldo: parliamo un po’ di aria condizionata…

di Lucia Marchesi – Parliamo di aria condizionata. Croce per alcune persone, manna per altre. L’estate si avvicina, tv e giornali non ci hanno ancora detto se quella del 2012 sarà la più calda degli ultimi 600 anni, ma immagino che il terrorismo mediatico inizierà a breve.

Eh sì, perché quando i media iniziano a inondarci di incredibili annunci tipo «Quest’estate farà caldo», noi povere media-victim, invece di pensare «Ma davvero? Guarda te che strano…», iniziamo seriamente a preoccuparci: chi già possiede un condizionatore provvede immediatamente alla manutenzione e chi non ce l’ha corre a comprarlo. Immancabilmente, la scena si ripete in autunno, quando tv e giornali urlano allarmati «Quest’inverno farà freddo». Di nuovo, «Ma davvero? Guarda te che strano…».

Aria condizionata. Grande invenzione. Assolutamente indispensabile in luoghi come i centri commerciali, a cui innovativi designers hanno pensato bene di mettere i tetti di vetro, così, giusto perché il garantito effetto serra e il conseguente funzionamento dell’aria condizionata “a canna” diano un valido contributo al risparmio energetico di cui tanto si parla, un po’ troppo sfruttata, invece, in luoghi dove tutto sommato ci si potrebbe anche andare un po’ più piano. Siete mai andati al cinema in estate? Le multisala cittadine si trasformano in vere e proprie celle frigorifere. Considerando che poi, in fin dei conti, al cinema si sta seduti fermi, forse il clima polare è un po’ eccessivo. In estate normalmente si indossano t-shirt e sandali: non è molto pratico doversi portare dietro piumino e doposci, per evitare il rischio di assideramento.

Ma se nei luoghi pubblici la temperatura viene accettata per causa di forze maggiore, in privato l’aria condizionata diventa la protagonista indiscussa delle dispute estive.

A casa o al lavoro, c’è sempre quello che vuole che ci siano pinguini e iceberg in giro, quello che auspica un logico compromesso e quello che invece apprezza, e sopporta tranquillamente, il torrido clima.

Tutti hanno una collega, perché, ahimè, di solito sono le donne a lamentarsi per l’aria condizionata, che dopo aver personalmente scelto la scrivania esattamente sotto, o di fianco, al climatizzatore, non fa altro che lagnarsi ininterrottamente. Se poi lo stesso apparecchio funziona anche come riscaldamento, abbiamo la fortuna di avere due diverse versioni della lamentela: quella estiva e quella invernale.

In alcuni casi si cerca di venirsi incontro; conosco una coppia che ha raggiunto un perfetto equilibrio: lui dorme con l’aria condizionata, lei, di fianco, sotto la trapunta, come a dicembre. In altre situazioni però raggiungere un accordo è quasi impossibile: chi soffre il caldo difficilmente concede qualche grado al termostato, ma dal canto suo la freddolosa non accetterà mai, per esempio, di indossare un semplice golfino. Perché, in effetti, la domanda sorge spontanea: se soffri tanto il freddo, perché vieni in ufficio in canottiera? Non puoi coprirti un po’ di più, genio incompreso? Mi sembra una cosa tanto semplice. Tanto che quando con tono piangente ti chiede «Posso spegnere un pochino?» ti verrebbe da rispondere «No, guarda. Solo perché me l’hai chiesto con quel tono, no».

Ci sono poi i casi limite, quelli in cui la lotta contro l’aria condizionata diventa questione di vita o di morte.

Circa 10 anni fa, io e due mie compagne di università, giovani e spensierate, siamo partite alla volta della capitale francese. Mezzo scelto il treno notturno, perché all’epoca era un po’ più economico. Inizio di settembre, fine dell’estate. Ci sistemiamo nelle nostre cuccette e iniziamo il nostro viaggio. Nel cuore della notte mi sveglio: nello scompartimento fa un caldo soffocante. Accendo la luce, una delle mie compagne di viaggio mi dice «Hai sentito che caldo? Quasi mi manca l’aria!».

Insieme osserviamo il termostato dell’aria condizionata, non è stato spostato, da dove viene questo caldo? Mi guardo intorno e vedo i sacchetti di plastica che rivestivano i cuscini ben posizionati sui bocchettoni dell’aria vicino al finestrino. Guardiamo entrambe la nostra compagna di viaggio, che dorme come un sasso sotto due coperte. «Ma come ti è venuto in mente di tappare i bocchettoni dell’aria?» le chiediamo, una volta giunte a Bercy. «Eh beh, avevo freddo» è la candida risposta.

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Redazione BsNews.it

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