Montecampione, rischio deserto. I proprietari di seconde case: residenza in massa per cambiare i sindaci

di Andrea Tortelli – “Siamo pronti a prendere in blocco la cittadinanza di Artogne e Pian Camuno per eleggere un sindaco che ci rappresenti e che risolva definitivamente il problema degli impianti”. A lanciare la provocazione è il popolo delle seconde case di Montecampione, quasi 2.500 famiglie che – col ritorno del freddo – potrebbero trovarsi a svernare in qualcosa di molto simile a un deserto. La questione, nonostante la scarsità di neve della scorsa stagione, non è metereologica. Ma “politica” ed economica. Perché non è scontato che a fine anno gli impianti sciistici tornino a funzionare. E se così fosse i danni economici per la zona sarebbero incalcolabili.

Da tempo la società che gestisce gli impianti sciistici di Montecampione versa in acque agitate. E l’estremo tentativo di salvare gli impianti messo in atto da Carlo Gervasoni a novembre non ha funzionato. Pochi giorni fa l’imprenditore camuno ha gettato definitivamente la spugna, staccando tutte le utenze (elettricità compresa) intestate alla Montecampione Ski. Il primo effetto pratico è che le pompe d’acqua di località Secondino non sono più in funzione e dunque – se mai i bacini di Secondino dovessero svuotarsi – le comunità a valle potrebbero anche restare senz’acqua. Ma il rischio principale è un altro. Per Montecampione impianti e per Montecampione Bovegno Ski (la società da cui Gervasoni aveva acquisito gli impianti), infatti, si parla insistentemente di fallimento. Oltre che di cause legali e di richieste di risarcimento danni. Insomma: il rischio paralisi è reale. E a questo si aggiungerebbe una situazione tecnica che qualcuno ha definito disastrosa. Oltre ai soldi per finanziare le perdite, infatti, servirebbero investimenti significativi (che qualcuno stima in almeno 10 milioni di euro) per rimettere mano a impianti.

Una patata davvero bollente per i sindaci di Artogne, Pian Camuno e Gianico. Ma anche per tutti coloro che vivono la realtà di Montecampione. Oggi, infatti, l’intera zona poggia su due pilastri: gli impianti sciistici e il consorzio dei proprietari di case rappresentato da Marco Daminelli. Entrambi in serio pericolo. Ogni proprietario iscritto al consorzio obbligatorio paga mediamente 500 euro all’anno e con queste risorse vengono pagate la manutenzione e l’asfaltatura delle strade, la sistemazione delle parti comuni (comprese le aree verdi), il servizio bus e gli eventi di animazione. Ma la società Alpiaz, che ha costruito gli immobili, sarebbe pesantemente indebitata nei confronti del consorzio. E, in attesa che si risolvano i problemi interni al consorzio, resta comunque da togliere l’altro macigno che pende sul capo della comunità locale.

Gli effetti di un eventuale stop degli impianti, infatti, sarebbero devastanti. I lavoratori che a Montecampione vivono grazie all’indotto sono circa 500 (70-80 solo i maestri di sci). Difficile pensare che possano “sopravvivere” alla chiusura. E lo stesso discorso vale per le diverse decine di attività presenti sul territorio (negozi, bar, ristoranti e via dicendo). Senza contare, ancora, quanto accadrebbe a valle. A pagare dazio, infatti, sarebbero anche tutte le attività dei territori limitrofi e gli abitanti dei Comuni di Piancamuno e Artogne, che finanziano strade e servizi sociali anche grazie ai contributi che derivano loro dal “popolo” di Montecampione. Ma la botta peggiore arriverebbe per i 2.500 del consorzio, che si troverebbero a pagare il contributo annuale e la salatissima Imu su una seconda casa che non varrebbe sostanzialmente più nulla (con gli impianti sciistici fermi, infatti, gli immobili uscirebbero dal mercato). Un incubo che rischia di diventare eterno. In caso di stop, infatti, gli impianti si deteriorerebbero ulteriormente e i costi di un’eventuale riapertura salirebbero ancora. Anche perché i clienti abituali di Montecampione si sposterebbero altrove.

“Il paradosso”, commentano Marco e Pierluigi, due piccoli proprietari di casa interpellati da Bsnews.it, “è che il Consorzio Montecampione è chiamato a finanziare con le sue risorse interventi che spetterebbero ai Comuni, ma per statuto non può mettere bocca sulle questioni che riguardano gli impianti. Facciamo appello al Bim, alla Provincia, alla Regione e ai due Comuni affinché facciano tutto il possibile per scongiurare il rischio della chiusura della stazione sciistica. Di certo”, incalzano, “noi non resteremo con le mani in mano mentre si consuma il disastro”. La provocazione che lanciano i due – come riferito in apertura – non è da poco. “Siamo anche pronti a prendere la residenza ad Artogne (3.500 abitanti circa) e Pian Camuno (4.500) e a convincere altri residenti a fare lo stesso”, chiariscono i due, “se in tanti ci seguissero diventeremmo decisivi per eleggere i sindaci o comunque sarebbe uno strumento importante di pressione, perché i Comuni rischierebbero di perdere centinaia di migliaia di euro di entrate dall’Ici (perché sparirebbero gli aggravi sulle seconde case, ndr)”. Una “minaccia” – se pure difficile da mettere in atto – che potrebbe avere l’effetto di una valanga sulle due realtà.

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Redazione BsNews.it

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