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Per i bresciani l’automobile è ancora uno status symbol da rincorrere a tutti i costi?

di Lucia Marchesi – Parliamo di auto. Non in senso tecnico. Come tutte le donne, non me ne intendo poi molto. Anche perché non mi interessa. Per me l’auto è un mezzo di trasporto. Ha una funzione pratica.

Per altri non è così. Che cos’è l’auto? Uno status symbol.

È un motivo per cui vantarsi con gli amici. È una cosa da parcheggiare in dodicesima fila in piazza Arnaldo il venerdì sera per “farsi vedere”, per darsi un tono.

È una cosa che i “fighi” ricevono in regalo subito dopo essersi iscritti alla scuola guida. E non si parla di piccole utilitarie, ma di station wagon lunghe 10 metri.

A Brescia l’auto è una mania. Una cosa assolutamente indispensabile. Sapete perché? Perché siamo diventati pigri. Non facciamo un metro senza la macchina sotto il sedere. Conosco persone che vanno a comprare il pane dal fornaio in fondo alla strada con la macchina. Ci mettono il doppio del tempo, a tirar fuori e rimettere l’auto in garage, che se andassero a piedi.

Camminando con un buon passo, da casa mia, nella zona sud della città, al centro, basta una mezz’ora. Eppure trovi auto incolonnate lungo tutto il percorso.

Non parliamo del sabato. Per colpa dei cittadini pigri, che potrebbero benissimo muoversi a piedi, chi viene da fuori città è costretto a farsi tutta la strada in auto a passo d’uomo, sperando di trovare un posticino nei parcheggi del centro.

Provate a fare via Gramsci il sabato pomeriggio: partite dal fondo e camminate fino all’incrocio di corso Palestro. Provate a guardare a che punto è l’auto che ha imboccato via Gramsci nel vostro stesso momento. Se è arrivata all’incrocio con via Moretto è già fortunata..

L’auto da usare sempre e comunque. Ma non deve essere un’auto qualsiasi. Eh, no. Deve essere un’auto di un certo livello, di un certo pregio.

Abiti in uno strettissimo vicolo del centro storico? Caspita, hai assolutamente bisogno di un suv!

Sono le auto migliori per il centro storico di Brescia: passi nei vicoli rischiando di grattugiare contro i muri dei palazzi i poveri pedoni, a cui forse rimangono 25 centimetri di lato per passare.

I tempi sono cambiati. Quando ero bambina, la macchina veniva scelta in base alla funzione: noi avevamo quella “grande” per la famiglia e, anni dopo, c’è stata quella “piccola”, che serviva per andare al lavoro.

Oggi non è più così. Innanzitutto, in quasi tutte le famiglie, entrambi i genitori hanno la patente, quindi ognuno ha la sua auto. Ma non c’è più la regola “al papà la macchina grande e alla mamma quella piccola”. Sono regole superate. Oggi la regola dice “al papà la station wagon e alla mamma il suv”.

Auto grandi e spaziose, certo. Infatti ti spiegano: «Sai, per portare i bambini». E tu pensi: «Caspita, e quanti bambini avranno? 6? 7?» No, di solito sono due. Quando proprio si esagera, sono tre.

Bambini che a 18 anni e  trenta secondi avranno un’auto tutta per loro. Nuova di zecca.

Ovviamente, non sono tutti così. Nonostante la mania dell’auto-celebrazione (la super auto per esprimere il proprio status), ci sono ancora persone che vedono l’auto per quello che è, un mezzo per spostarsi da un posto all’altro.

Ma come se la passano le persone con un normale rapporto con il mezzo motorizzato? Sono  considerate pecore nere. Gli “sfigati”.

A me è capitato diverse volte che parenti e amici che magari non vedevo da tempo mi chiedessero «Ma che macchina hai adesso?», con lo stesso tono con cui si chiede «Hai visto qualche bel film al cinema, di recente?». Ma la cosa più bella è la reazione alla mia risposta «Sempre la stessa»: occhi sgranati e domanda sconvolta: «Ancora??».

Ma come “ancora”? Certo che ce l’ho ancora. Va benissimo. Se il modello è passato di moda pazienza. Non preoccuparti, non ti offrirò un passaggio. Non voglio certo rovinare la tua immagine…

Scarsa considerazione che viene dimostrata anche su strada. Come vi ho già raccontato, ho più volte avuto la sgradevole sensazione che nella nostra città ci sia la bizzarra convinzione che a chi guida un’auto “di lusso” siano riservati particolari diritti rispetto ai comuni mortali, come il diritto di precedenza sempre e comunque e il parcheggio sempre e dovunque.

Chi si trova alla guida di un macchinone dà spesso l’impressione di aspettarsi che tutti gli facciano largo. Esempio. Quando, per lavoro, dovevo percorrere avanti e indietro via Milano e via Valcamonica, incontravo quasi ogni giorno un distinto signore al volante di una di quelle auto lunghissime, a due posti, decappottabili. Ogni volta che arrivavamo a un semaforo rosso, lui mi girava intorno e si posizionava alla mia sinistra. Sempre. Si vede che per i suoi gusti andavo troppo lenta. Piccolo particolare: avendo io circa la metà dei suoi anni, il mio tempo di reazione era nettamente inferiore al suo; scattava il verde, e quando lui e il suo bolide elaboravano l’informazione e prendevano il via, io ero già due semafori più avanti, con la quarta ingranata. Semaforo rosso. E lui di nuovo alla mia sinistra. Così per tutta la strada. Instancabile. Non si può certo non riconoscere la sua tenacia.

Insomma, non so se l’auto è davvero così importante. Non so se avere un certo modello di auto renda migliori. Per me sono quattro ruote, un motore e un volante, per spostarsi. E basta. Se c’è altro, perdonatemi, non riesco a vederlo.

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Redazione BsNews.it

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