Prima di compiere l’eccidio contro la sua stessa famiglia, Antonio Albanese si è fermato in un bar per guardare la partita del Milan. Uscito di lì già con le peggiori intenzioni, l’uomo si è diretto verso la casa dell’ex moglie, Francesca Alleruzzo, e quando l’ha vista rientrare in compagnia del suo nuovo amico, ha fatto fuoco. E che fuoco. Secondo l’autopsia sono otto i bossoli di pistola trovati sui corpi delle quattro vittime. Uno in testa a Chiara e a Domenico, lei figlia diciannovenne nata da una relazione precedente di Francesca Alleruzzo, lui il fidanzatino ventenne; uno allo zigomo e uno alla fronte di Francesca e quattro sul corpo di Vito Macadino, il suo rivale in amore, colpito due volte al torace e due volte alla testa. Ciò che emerge dalle indagini non è solo la presenza di altri bossoli di pistola, una “scacciacani” con caricatore sei colpi che non aveva mai sparato prima, trovati sulla scena del crimine come nel giubbino che indossava l’assassino, ma il numero dicolpi trovati sui corpi, otto. Segno che Albanese ha ricaricato almeno una volta la pistola prima di finire l’ex moglie e Vito Macadino. Segno di una furia che ha risparmiato solo le sue tre figlie, ma che non gli risparmierà il tormento di aver distrutto la sua e la loro vita.
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