Futuro nero per quasi 14mila metalmeccanici lombardi. A Brescia rischiano in 700
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Futuro nero per 13.741 lavoratori metalmeccanici lombardi. I loro posti di lavoro sono a rischio e ben presto potrebbero trovarsi fuori dai cancelli. Mentre si assiste infatti ad una flessione del ricorso alla cassa integrazione e il numero delle aziende in difficoltà si riduce, per coloro che si trovano ancora nella bufera della crisi la situazione si fa ancora più difficile. Per molti, infatti, esaurito il ricorso ai diversi ammortizzatori sociali, il destino sembra segnato. Il quadro delle imprese a rischio è stato presentato questa mattina a Milano dalla Fim Lombardia, il sindacato della Cisl del settore metalmeccanico.
“Occorre intervenire in modo adeguato sulle emergenze, a partire dalla drammatica difficoltà di alcune aree (es. ex Celestica di Vimercate) e di comparti strategici (il settore Ict, con i gruppi Jabil e Nokia Siemens, il settore mezzi di trasporto con Firema) pesantemente investiti da ristrutturazioni e da esuberi – ha detto il segretario generale lombardo, Nicola Alberta -. La Fim Cisl sollecita alla Regione scelte di politica industriale e misure per favorire gli investimenti e dare prospettive al sistema produttivo del territorio, oltre che l’apertura urgente di un confronto specifico per il settore metalmeccanico”. In questo scenario, la scelta del governo di rivedere la normativa sui licenziamenti “è assolutamente infondata – ha sottolineato Alberta – e ingiustificata”.
I dati evidenziano allarmanti difficoltà dell’industria e un’emergenza occupazionale senza precedenti. Cigs e mobilità coinvolgono importanti aziende e settori, con l’espulsione dal processo produttivo di migliaia di lavoratori. Numerose le realtà a rischio chiusura.
A Bergamo gli esuberi denunciati dalle aziende sono 1.100 su un totale di 2.900 dipendenti: Frattini, Toora, Neolt, Indesit, Comital, Tenaris alcune delle aziende coinvolte. A Como gli esuberi sono 1.200 su un totale di 1.450 (Sisme, Afl, Isotta Fraschini, Dell’Orto e altre), 695 su 1.080 a Brescia (Fonderia Mora, Bialetti, Fonderia di Torbole), 733 su 2.878 a Varese (Inda, Finnord, Mv Agusta, Ansalso, Aermacchi). A Milano gli addetti delle aziende con maggiori difficoltà sono 2.500 e ben 2.200 sono a rischio (Nokia, Firema, Jabil, F.lli Mariani, Lares, Metalli Preziosi e altre).
Il monitoraggio straordinario della Fim lombarda evidenzia che la crisi continua a coinvolgere tutte le dimensioni d’impresa e i diversi settori merceologici: solo nell’ultimo semestre le aziende interessate dalle crisi sono state 1.929, con 64.266 addetti. Di questi, 39.563 sono i lavoratori direttamente colpiti dalla congiuntura negativa. Attualmente sono aperte vertenze occupazionali per altri 5.008 esuberi denunciati dalle aziende ed entro l’anno si stimano a rischio fino a 13.741 posti di lavoro.
La Fim ha messo in campo iniziative differenti per affrontare le situazioni più difficili: riqualificazione professionale, ricollocazione, politiche attive, progetti industriali di rilancio, flessibilità di orario, contratti di solidarietà, percorsi formativi, ricerca di nuovi investitori. Ma tutto questo non basta. “Occorre un rinnovato impegno della Regione per delineare politiche industriali e settoriali di sostegno e l’attuazione delle politiche del lavoro e occorrono investimenti e piani industriali di sviluppo da parte delle imprese – ha sottolineato Nicola Alberta -. E’ indispensabile anche un salto di qualità nelle relazioni sindacali da parte delle imprese, la vera leva per la crescita del settore e la tutela dell’occupazione”.
La Fim Cisl lombarda richiama infine la necessità che siano valorizzati gli accordi sindacali per il rilancio delle relazioni industriali: “Quello interconfederale del 28 giugno 2011, il nuovo sistema contrattuale del 2009 e il contratto nazionale stipulato da Fim e Uilm per il triennio 2010-2012 – ha aggiunto Alberta – assicurano un quadro di tutela dei lavoratori e di certezza normativa. Si pongono invece in contrasto con tale esigenza i tentativi di destabilizzazione che provengono da parti sindacali o padronali. La Fiom con la riproposizione di un’improbabile piattaforma di rinnovo, la Fiat con la scelta grave di uscita dal sistema”.