di Bruno Forza – Il Prealpino, un villaggio quasi sospeso nel tempo, si affaccia al XXI secolo restando profondamente ancorato a quello precedente nelle case, nelle abitudini e soprattutto nei ricordi di chi lo vive e lo ha vissuto fin dai suoi albori, ovvero quegli anziani che rappresentano la fetta più grossa della popolazione. Sono ancorati al passato, ai tempi in cui c’era un’altra atmosfera, quella scolpita sui volti di padre Marcolini e del dottor Guido Bollani, uomini che l’ex sindaco di Brescia Cesare Trebeschi ha definito “santi feriali, impegnati tutti i giorni a dare una risposta alla miriade dei loro assedianti, a litigare con le imprese, con i fornitori, con le banche per poter dare le case al meglio ed al minor costo”. Proprio in quelle case si è creato il dna degli abitanti del Prealpino, cittadini ancorati al valore della terra – come si evince dalla cura e dalla bellezza dei giardini delle villette – e dal desiderio di essere parte attiva di una comunità. Il Prealpino non è un posto dove mangiare e dormire quando il lavoro dà tregua, bensì un vero e proprio villaggio in cui vivere la propria famiglia e coltivare quelle amicizie che durano per sempre. Proprio attorno a quelle case si decide lentamente il futuro. Il ricambio generazionale è rallentato dalla crisi e dai costi elevati di abitazioni belle ma obsolete. I bambini e gli adolescenti gravitano tra il polo scolastico e l’oratorio, mentre i giovani cercano nuovi lidi per le loro scorribande serali e per pianificare l’avvenire. Chi se ne va, però, resta legato a doppio filo alle sue origini. Questo dedalo di viuzze e traverse, infatti, è carico di ricordi dell’infanzia: le bancarelle di giocattoli sulla strada, le partite di pallavolo sotto il sole d’agosto, i pomeriggi alle montagnette, il sorriso della bidella Ester e dei mercanti del venerdì, oppure il ritmo dei bonghi provenienti dal residence Prealpino. Per la maggior parte dei residenti è stato giusto abbatterlo, anche se resta una macchia incancellabile nell’efficienza della politica locale e nazionale, incapace di gestire il fenomeno migratorio e costretta a ricorrere al classico rimedio estremo. È l’ultima foto dell’album dei ricordi, che prima o poi dovrà chiudersi lasciando il posto al nuovo ciclo del Prealpino, un luogo in cui famiglie italiane e non potrebbero scrivere un’altra storia bellissima.

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Redazione BsNews.it
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