“Peroni ucciso per gli strascichi di un’amicizia finita” Ecco le motivazioni dell’arresto del presunto assassino

«La rottura del preesistente rapporto di amicizia, gli screzi crescenti, l’isolamento di Visani nell’abituale ambito amicale, la disistima in ambito lavorativo e la derisione da parte dell’amico, delineano un movente omicidiario che, seppur assolutamente sproporzionato secondo i normali parametri di valutazione, appare plausibile alla luce delle peculiarità caratteriali dell’indagato». Questa la parte centrale delle motivazioni espresse dal Gip Enrico Ceravone per l’arresto in custodia cautelare di Simone Visani, collega di Michele Perone e suo presunto assassino.

Simone Visani non parla. In tre giorni di carcere, a Canton Mobello, non ha ancora voluto parlare con il giudice. Quando la madre di Michele ha saputo che le attenzioni del Gip si concentravano su di lui ha avuto una reazione di rabbia mista a delusione, perché Simone in passato è stato amico di Michele. Tutti lo sanno in azienda: il rapporto di amicizia è finito, e forse anche questo è un motivo che ha spinto Simone a impugnare l’arma contro il collega.

Il colpo è partito a distanza non troppo ravvicinata, ed è stato sparato alle spalle della vittima, con una pistola Magnum calibro 357 che sarebbe compatibile con quella regolarmente denunciata dal padre di Simone. Pistola, tra l’latro, che il presunto assassino poteva prelevare dalla cassaforte quando e come voleva: le chiavi sono state trovate nel suo comodino. Simone avrebbe sparato alle spalle e poi avrebbe portato il corpo dell’ex amico dal piano interrato a livello meno 2 sino al livello 3, per tentare di gettarlo nel forno e liberarsene. 

Simone in azienda ormai non aveva molti "alleati", pare non fosse molto ben visto dai colleghi, sia per le sue carenze lavorative sia per il carattere difficile, scontroso.
a.c.

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Redazione BsNews.it

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