Caffaro, la bonifica rimane il problema

Si sta avvicinando il decennale di quel ferragosto del 2001, quando con grande clamore scoppiò il caso Caffaro. Tirare le somme a questo punto non è semplice. 

In positivo dobbiamo registrare importanti ed approfondite indagini ambientali che hanno permesso alla città di prendere conoscenza e consapevolezza del grave inquinamento di cui soffre ed alle autorità preposte di assumere provvedimenti almeno per limitare i potenziali danni alla salute umana (Ordinanze sindacali di interdizione all’uso agricolo e ricreativo dei terreni; provvedimenti per la messa in sicurezza della falda e per limitarne la contaminazione; esclusione di numerose cascine dal conferimento di carne al Macello e di latte alla Centrale, alimenti in varia misura contaminati da diossine…). Sicuramente, in questi dieci anni, grazie a questi provvedimenti si è ridotta la trasmigrazione dalle matrici ambientali all’uomo degli inquinanti supertossici in questione (diossine, PCB, mercurio…) . E questo è un risultato certamente positivo.

Più controversi sono stati invece gli studi epidemiologici realizzati da Autorità sanitarie che, spesso, sono sembrate troppo preoccupate di confermare le proprie dichiarazioni rassicuranti esternate, forse con troppa fretta, all’indomani dell’agosto 2001. Nel susseguirsi degli anni la sensazione del prevalere di un’esigenza autoassolutoria ha fatto velo sulla credibilità degli stessi studi.

Negativo, invece, non può non essere il giudizio sul processo di bonifica, sostanzialmente ancora non avviato, dopo 10 anni. Anzi pesantemente negativo, perché si tratta di un sito industriale molto particolare, di fatto parte integrante di una porzione della città densamente abitata, e per di più interessato da una delle sostanze tossiche più pericolose, la diossina. Qui le responsabilità sono del tutto bipartisan, come si usa dire e come più volte abbiamo denunciato.

La “novità” è che si sta compiendo quanto abbiamo da sempre paventato: una sorta di film il cui copione avevamo esattamente previsto da diversi anni e che ora si sta svolgendo davanti a noi fino all’esito finale in cui all’impresa privata responsabile del disastro ambientale è stato permesso di defilarsi senza pagare pegno. La Caffaro, come logico, è in liquidazione, in larga misura prosciugata da ogni risorsa finanziaria e patrimoniale. L’accordo sindacale che accompagna la cessione di alcuni impianti e l’affitto dei capannoni alla Chimica Fedeli, oltre a non garantire una soluzione occupazionale per tutti i lavoratori, sembra ignorare del tutto il tema ambientale: dunque toccherà ancora una volta al pubblico, che ha già subito un enorme danno, farsi carico della tenuta in sicurezza della falda e della bonifica. Ma è nota la pochezza delle attuali finanze pubbliche, come è a tutti evidente che il tema delle bonifiche dei siti inquinati non rientra nelle priorità dell’attuale, ma anche di un prevedibile futuro governo del Paese.

In questo contesto, il popolo inquinato rischia oltre al danno anche la beffa. Per questo è stata avanzata l’ipotesi di un grande parco fotovoltaico da installare nelle aree inquinate, non più recuperabili a colture, in modo da poter parzialmente compensare sul piano economico i  proprietari, difficilmente risarcibili in altro modo.

 

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Redazione BsNews.it

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