Lo sciopero "giallo" degli immigrati a Brescia è stato davvero partecipato, molto più che in altre città del nord Italia (si parla di almeno una quarantina di fabbriche chiuse, tra le 3 e le 5 mila le persone in piazza Loggia per la manifestazione). Il vicesindaco e assessore alla sicurezza Fabio Rolfi interviene a gamba tesa (a parole) sullo sciopero definendolo una "carnevalata".
Mentre Paroli si dice rattristato per la mancanza di riconoscenza di chi ha protestato, il suo vice rincara la dose: «Oggi è andato in scena il festival dell’ipocrisia. In piazza Loggia abbiamo assistito alla sfilata degli immigrati con la tessera di partito e sindacato, quelli che vogliono la cittadinanza dopo pochi mesi per potere comandare a casa nostra e quindi non deve stupire, l’adesione di Cgil e Pd. Un vero e proprio sciopero etnico, che la dice lunga sulla reale volontà d’integrazione di queste persone, è paradossale che queste persone scioperino contro presunti comportamenti razzisti proprio in una città dove ogni giorno possono beneficiare di tutto e di più, spesso a discapito degli italiani, che in quanto tali e in quanto contribuenti da più tempo, forse meriterebbero maggiore attenzione».
Rolfi e Paroli scrivono che il Comune di Brescia spende 172.536 euro all’anno per progetti di mediazione linguistica, oltre il 40% degli alloggi di edilizia residenziale pubblica viene assegnato a famiglie straniere, mentre il 54% del fondo sociale affitti va agli stranieri così come il 62% dei contributi straordinari per i minori. «Di fronte a questi dati a protestare dovrebbero essere gli italiani, a cominciare da quelli che convivono con i disagi dell’immigrazione, quali gli anziani costretti a vivere in palazzi pieni di stranieri che non rispettano nessuna regola, le giovani coppie che non riescono ad avere la casa pubblica perché sempre assegnate a stranieri, le vittime della delinquenza di strada che parla sempre più straniero».
Infine: «Piantiamola con questa storia del razzismo: l’immigrazione è un fenomeno che va gestito al fine di evitare che diventi dirompente e disgregante rispetto al tessuto sociale, come già è accaduto in alcuni quartieri della città e soprattutto sarebbe ora che questi novelli paladini dei diritti civili che sarebbero a loro negati ringraziassero la città per quanto fatto e sta facendo per garantire ogni tipo di servizio e assistenza agli immigrati, anziché lamentarsi, protestare e scioperare».
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