Pd:ora serve un congresso

Voto del 7 giugno: per il Partito Democratico una sconfitta.
Il quadro internazionale che ha visto importanti forze della sinistra socialista europea uscire dal voto in modo disastroso, il risultato dei laburisti inglesi e dei socialisti francesi di poco sopra al 16,5% o quello dei socialdemocratici tedeschi poco sopra al 20%, è lì ad indicarci quanto il vento gelido che attraversa l’Europa stia penetrando sempre più nel corpo delle nostre società.
Se guardassimo il voto rapportandolo a quei risultati potremmo trarne motivo di moderata soddisfazione, tanto più se si tenesse conto che il P.D. è nato da poco più di un anno e si è trovato ad affrontare con immediatezza elezioni politiche che tutti sapevamo essere una sconfitta annunciata. Ci trovammo con un partito fragile “obbligato a perdere” e perciò costretto a subire un contraccolpo che avrebbe pesato (ed ha pesato) negativamente sul suo futuro. Un partito che pertanto è stato nell’impossibilità di strutturarsi e di delineare una linea politica discussa e condivisa.
Sebbene le cose che ho indicato siano fatti, commetteremmo un errore se diventassero l’angolo di visione da cui valutare la sconfitta.
Dobbiamo riflettere sui motivi per i quali milioni di cittadini non ci votano.
Quando milioni di artigiani, lavoratori dipendenti, pensionati, imprenditori non sono interessati al nostro progetto, la risposta è solo una: non abbiamo un progetto.
Provo a rivolgere una domanda provocatoria: per quale motivo devono votare per il P.D.? Credo che nessuno di noi sia in grado di trovare motivi concreti e non in negativo per dare una risposta. Mi si potrebbe chiedere per quale motivo io l’ho votato e sostenuto. Le risposte purtroppo sono in negativo o di carattere generale.
Ho votato P.D. perché gran parte delle destre italiane sono o populiste o demagogiche o razziste o pongono gli interessi personali del loro leader sopra a quelli nazionali. Ho votato P.D. perché le altre opposizioni o mi sono politicamente lontane come quelle alla nostra sinistra che propongono soluzioni del passato ai problemi attuali e quella dell’IDV solo antiberlusconiana e giustizialista, oppure seria come lo è l’UDC ma a me lontanissima sui temi etici. Altre non avevano possibilità di raggiungere il quorum e ritengo inutile esprimere un voto di testimonianza.
Poi vi sono i motivi in positivo, che come dicevo sono importantissimi ma di carattere generale, in pratica sono i motivi per i quali si sta in un partito non quelli che fanno votare un partito: vogliamo una società dove le opportunità siano eguali a prescindere dal ceto, dove i lavoratori siano rispettati e ne sia tutelata la sicurezza, dove le persone vengano colpite per i reati che commettono e non in ragione del colore della loro pelle, dove i punti cardine della Costituzione siano il riferimento,… Cose fondamentali, ma un partito sta insieme per le sue idealità di fondo (e quelle ci sono) ma vive se ha una proposta politica per il Paese. Vive se l’artigiano, il lavoratore dipendente, il pensionato e l’imprenditore trovano motivi concreti per sostenerlo.
Un congresso è quello che serve. Un congresso che definisca le linee di riferimento.
Dentro le linee stabilite dovremo poi attivarci con modalità vivaci e comunicativamente penetranti. Basta con le noiose iniziative di partito dove ci ritroviamo tra pochi attivisti per dirci che siamo bravi. Basta con il volantino scritto fitto e pieno di termini comprensibili solo se si ha almeno un diploma.
E’ probabile che il clima generale non ci avrebbe permesso un risultato positivo neppure se avessimo ricominciato a tessere un dialogo fitto con i vari settori della società e neppure se lo avessimo fatto con nuove più vivaci modalità. Ma sono convinto che avremmo potuto ottenere un risultato di tenuta decisamente migliore.

Giorgio De Martin
Segretario cittadino del Partito Democratico

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Redazione BsNews.it

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