Ucciso dopo un rimprovero
Andarsene a 44 anni, con alle spalle una vita intera di duro lavoro e sacrifici per mandare avanti l’azienda, per consentire alla moglie e ai figli un’esistenza di discreto benessere. Andarsene a 44 anni per un motivo banale, per uno scatto d’ira. Un rimprovero a un operaio, un lavoro eseguito male. Il dipendente non ci sta, non accetta il richiamo e con una spranga d’acciaio lunga un metro e 70 gli sfonda il cranio con tre fendenti. Questa la fine di Maurizio Ricchini, titolare della ditta Ttr di Cividate Camuno, azienda specializzata nella brunitura di piccoli pezzi di acciaio. Pochi operai che si alternano su tre turni di 8 ore, alcuni italiani, camuni, altri rumeni e un albanese, Luci Hamit, 48 anni originario di Tirana, residente in Italia da 20 anni, cittadino italiano da un pò, con un figlio ventenne che frequenta l’università. Mai un problema con la legge, fino al tragico scatto d’ira di ieri. Erano quasi le undici di mattina quando un paio di operai della ditta hanno sentito delle grida, si sono diretti verso il punto da dove provenivano ed hanno scorto a terra il loro titolare in una pozza di sangue. In un primo momento riferiscono di avere pensato ad un infortunio sul lavoro, ma quando si sono accorti della fuga di Hamit hanno compreso. Inutile la chiamata dei soccorsi, Maurizio è morto sul colpo. I carabinieri si sono messi alla ricerca di Hamit, fuggito sulla sua Punto bianca. L’hanno trovato poco dopo, era passato da casa a cambiarsi d’abito ed era di nuovo in macchina. Dove era diretto? Lui dice che si sarebbe consegnato alle forze dell’ordine. Ora non conta. L’indagine verrà più avanti. Ora c’è spazio solo per il dolore e l’incredulità. Maurizio lascia la moglie, Augusta Zucchelli, radiologa all’ospedale di Esine, e due figli adolescenti di 16 e 18 anni.
Au.Bi.