Campi e contrade al limitare della storia ( Borgosatollo )
di Alessandra Tonizzo – Nella zona pedemontana, all’inizio della pianura padana, s’incontra Borgosatollo, comune raccolto attorno ai suoi campi arati. Arrivo che è mattina presto, la bruma all’orizzonte ricopre le zolle ghiacciate e il paesaggio, scegliendo strade secondarie, toglie il fiato, perché è quello che gli occhi dei nostri nonni devono aver visto da bambini, tra cappe di lana e calzettoni al ginocchio. Mi sento quasi fuori posto – come se la strada s’aspettasse di essere solcata da un calesse, non da un’utilitaria –, e m’immagino che il lupo dei fratelli Grimm salti fuori da dietro il gelso che incornicia l’ultima curva, prima del piccolo centro. Poi, tutto torna come ci si aspetta: crocevia, rotonde, sensi unici, pubblicità, l’altro mondo ormai alle spalle. Rogge, fontanili e filari, il segno della tradizione di Borgosadòl, fanno posto al caseggiato, alle attività che fioriscono nelle sue diverse frazioni, da Gerole a Venezia. Non c’è molta gente per le stradine di porfido, i pochi che attraversano i vicoli del paese si salutano tutti, con un partecipe “sa edòm” e uno sguardo che sorride. Un vigile, le mani dietro la schiena, controlla il disco orario delle macchine lasciate fuori dai negozi, davanti a qualche infrazione scuote il capo, sbuffa e prosegue oltre. Allora mi viene il sospetto che, dopotutto, qualcosa sia sopravvissuto, che la campagna con le sue radici forti abbia bucato il cemento e parli ancora ai cuori di queste persone, nonostante coppola e roncola siano deposte da tempo. C’è un che di bonario, una lentezza placida. Solo che i vari Pì, Bigio e Cichino non guardano complici il cielo dall’uscio delle loro case, ma bivaccano in fumosi bar, ammutoliti dal ronzio delle tv in sottofondo. Forse sognano i tempi che furono, forse parlano alla loro terra…