Brescia, video hot via chat: professionista bresciana licenziata
È ormai divenuto d’interesse nazionale il caso della professionista bresciana 40enne che ha denunciato tre persone dopo che alcune immagini intime che lei aveva inviato ad un compagno sono state diffuse online e via whatsapp.
Nei video che la donna, che lavora nel settore medicale, avrebbe inviato all’uomo con cui anni fa aveva avuto una relazione e che era forse spesso lontano da lei, la sua identità sarebbe perfettamente riconoscibile. Le immagini hot non sono, però, rimaste private e anzi sono passate di smartphone in smartphone, divenendo virali. Pare anche con nome e numero.
Secondo quanto avrebbe comunicato la donna agli inquirenti, anche alcuni agenti delle forze dell’ordine sarebbero coinvolti nella diffusione dei video hot e nessuno si sarebbe preoccupato di fermare la divulgazione di quelle immagini intime e potenzialmente pericolose.
Ora la 40enne ha annunciato di aver ricevuto la comunicazione di dover essere licenziata da uno degli studi dove lavorava come professionista. Pare che lo studio abbia infatti ricevuto diverse telefonate in cui uomini chiedevano di essere ricevuti dalla donna senza però lasciare i propri contatti o spiegare la ragione della richiesta di appuntamento. Per lo studio si tratterebbe di un danno d’immagine non sostenibile.
“Il caso – fa sapere in una nota stampa lo Sportello dei diritti – riguarda anche la vita di chi ingenuamente si fa riprendere pensando che quelle immagini rimarranno assolutamente segrete e che poi anche per colpa di un’infinita platea di curiosi si ritrova nella memoria dei dispositivi di una miriade di sconosciuti che ti diffamano, ti cercano di contattare, ma trovano comunque un muro nella dignità della persona offesa. Perchè di vittima si tratta, ma anche di donna pronta a combattere per difendere il proprio onore e cercare di far perseguire chiunque condivida il video e la diffami. E’ noto, infatti, che esistono dei software in dotazione alla principale forza di polizia che si occupa di crimine informatico, che attraverso complessi algoritmi sono in grado di risalire a coloro che condividono file, anche di questo tipo. Ecco perchè, Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, ritiene doveroso avvertire chiunque persevererà nell’attività di condivisione del video che, almeno in astratto, potrà essere individuato con tutte le conseguenze giuridiche del caso anche in tema di violazione del diritto alla privacy della malcapitata.”