La mafia… dentro e fuori | 🟢 BRESCIA VISTA DALLA PSICOLOGA
“Avete chiuso cinque bocche, ne avete aperte 50 milioni”.
(Giovanni Falcone)
di Doriana Galderisi* – L’arresto del potente boss mafioso Matteo Messina Denaro e lo scandalo del Qatargate hanno riportato sotto i riflettori i temi della corruzione, della criminalità organizzata, soprattutto quella di stampo mafioso, del sistema di fiancheggiatori e di omertà e, di conseguenza il tema della legalità e della costruzione dell’educazione alla legalità.
Si tratta di temi che potremmo letteralmente dire che “non risparmiano nessuno”! Non c’è zona o città o nazione ove non si presenti questo problema! Ciò riguarda anche Brescia, come le tante inchieste giudiziarie e giornalistiche purtroppo ci mostrano.
La criminalità organizzata è una realtà complessa e molto articolata. Viene descritta da molti studi come una realtà liquida, cioè dotata di forte capacità di adattamenti al periodo storico e al contesto socio-culturale nel quale è inserita, una sorta di capacità camaleontica.
Ed ecco dunque che, più complessa diventa la società, più l’associazione criminale di stampo mafioso adatta non solo le sue attività illegali alle esigenze del mercato del momento, ma anche i suoi stessi mezzi d’azione. Lo si vede ad esempio nel passaggio da una criminalità esplicitamente violenta, con stragi e omicidi efferati, ad una criminalità più “silenziosa ed invisibile”.
È la “mafia moderna”, quella economico-finanziaria, dall’aspetto sempre imprenditoriale e meno “agrario”. Oggi parlare “mafia” significa, in molti casi infatti, riferirsi ai cosiddetti “colletti bianchi”, cioè alla corruzione politica, spesso legata ai grandi affari, all’utilizzo illegittimo di denaro pubblico, al riciclaggio di denaro sporco in imprese industriali e commerciali perfettamente legali.
La mafia dei nostri giorni ha anche aggiornato il proprio modo di comunicare, adattandolo e mettendolo al passo con i tempi. Lo dichiara molto bene il Professor Enzo Ciconte, autore di molti studi sulla mafia e sull’evoluzione di questo tipo di criminalità organizzata. Il Professor Ciconte, autore per altro del volume “Dall’omertà ai social: come cambia la comunicazione delle mafie” afferma che: “Adesso i mafiosi sono su Facebook, postano le loro foto, dicono le cose che vogliono dire, fanno dei filmini, mostrano armi, mostrano la capacità di ricchezza che hanno, cioè comunicano come facciamo noi”..
L’analisi di tali comportamenti che Professor Ciconte fa sottolinea come: “il messaggio che mandano questi video e queste fotografie è quello di cercare di portare i giovani dalla loro parte… loro cercano il consenso“.
Il Professor Ciconte sarà uno dei due illustri ospiti della 39esima puntata del percorso scientifico “La scienza di eccellenza a tempo del Covid-19”, che ha il patrocinio del Comune di Brescia. L’appuntamento, previsto per venerdì 17 febbraio alle 12 sui miei canali social, ha il titolo: “Morto un mafioso se ne fa un altro? Le organizzazioni criminali di stampo mafioso, le loro trasformazioni e caratteristiche in tempo di pandemia e di crisi geopolitica”. Oltre al già nominato Professor Enzo Ciconte dialogherà con noi la Pm bresciana, Dottoressa Claudia Moregola, e ci saranno due video preparati da me per contestualizzare l’incontro.
Diventa quindi preziosissimo, fondamentale, importantissimo e ineliminabile il lavoro paziente e costante che, anche nella nostra città e in tutta la provincia bresciana, soprattutto nelle scuole, viene condotto da tempo da associazioni e realtà che combattono contro la mafia, attraverso l’utilizzo di “Armi Speciali” ovvero la Cultura e la Conoscenza.
Mi riferisco a realtà come la Rete Antimafia della Provincia di Brescia, o come il Comitato Peppino Impastato o come Libera, che, in particolare con gli studenti, organizzano attività di cui si ha maggiore visibilità soprattutto nella data del 21 marzo, dato che celebra la Giornata della Memoria e dell’Impegno in Ricordo delle Vittime Innocenti delle Mafie.
Proprio Libera Brescia sta proponendo in queste settimane e in particolare nelle province di Brescia Bergamo Capitali Italiane della Cultura 2023, uno spettacolo teatrale dal titolo: “Il mondo che non sarò”, ispirato al libro “La classe dei banchi vuoti” che don Luigi Ciotti ha dedicato ai bambini uccisi dalle mafie.
Sono temi, questi, di grande attualità, ma anche di grande complessità; per affrontarli c’è dunque bisogno di una pluralità di azioni e di interventi: dalla magistratura al diritto, ma anche dalla psicologia e dalla criminologia.
Sono proprio una serie di ricerche condotte da studiosi come il Professor Enzo Ciconte, Girolamo Lo Verso, Toni Giorgi, Gianluca Lo Coco e molti altri, a fornire un contributo molto rilevante per quel che concerne gli aspetti psicologici e criminologici di questi fenomeni.
La scienza psicologica consente di individuare le dinamiche più profonde, spesso non visibili, e, ancora più spesso, anti-intuitive che si annidano nella corruzione, nell’omertà, nel fiancheggiamento, entrando nel profondo dello psichismo mafioso e del funzionamento del mondo mafioso.
Alla base di queste organizzazioni, soprattutto nelle mafie cosiddette identitarie come sono “Cosa nostra”, la mafia siciliana di cui Messina Denaro è un esponente apicale, e la “Ndrangheta”, la mafia calabrese, vi è una mentalità basata sul principio di unitarietà fondato sull’appartenenza assoluta.
Ciò che lega i singoli membri va al dell’interesse comune. Ad esempio in “Cosa Nostra” è l’associazione mafiosa a diventare la Famiglia. In questo, cioè nel valore assoluto del patto di sangue, sta la grandissima forza e anche la pericolosità di questo tipo di organizzazione mafiosa.
Nelle “mafie identitarie” esiste perciò soltanto un’identità collettiva che risponde unicamente al “Noi”. Non esiste l’identità singola di ciascuna persona. È il “Noi”, il gruppo di appartenenza, il clan, a guidare la mente mafiosa.
Ed è in questo tipo di ottica che vanno “lette”, comprese nel profondo le parole di Messina Denaro a Bernardo Provenzano: “non ho colpa di quello che ho fatto perché provengo da una radice e quindi non potevo essere che quel tipo di albero” (in: “Fondamentalismo e psiche mafiosa” di Lo Verso G.).
Le conseguenze di tale prospettiva mentale ed “etica” sono importantissime perché si genera una visione parallela della moralità, della legalità, del senso di colpa e della responsabilità; in altre parole una deriva dell’etica nonché del riconoscimento dell’autorità intesa come lo Stato.
E Giovanni Falcone affermava molto chiaramente come in tutte le diverse tipologie di associazioni di stampo mafioso si riscontri un denominatore comune: “la mancanza di Stato inteso come valore generalizzato – che porta a – generare le distorsioni presenti nell’animo siciliano, il dualismo tra anima e Stato, il ripiegamento sulla famiglia, sul gruppo, sul clan”.
Di qui l’importanza di costruire significati, ideali e comportamenti che contrastino la mentalità mafiosa.
“La mafia uccide, il silenzio pure“: sono queste parole a guidarci, parole pronunciate da Peppino Impastato, giornalista di Radio Aut assassinato a Cinisi dalla mafia il 9 maggio 1978 per le sue battaglie contro il sistema mafioso.
Parlarne, non tacere, non far prevalere il silenzio è l’insegnamento principe, fondamentale, per un’ottica di evoluzione e di affermazione della legalità.
Ed è ancora il Professor Enzo Ciconte ad indicarci che “se vuoi capire le mafie devi capire il silenzio. Il silenzio nell’organizzazione mafiosa è importante per almeno due ragioni. La prima: l’affiliato, chi diventa mafioso,‘ndranghetista o camorrista, deve mantenere il silenzio sulle attività della propria organizzazione. La seconda questione è che c’è un silenzio che avvolge l’organizzazione mafiosa: il silenzio delle vittime, che non parlano e non denunciano; il silenzio di chi viene corrotto dalle organizzazioni mafiose; il silenzio mantenuto per secoli sulle donne (che erano considerate totalmente estranee all’organizzazione mafiosa e non era vero)”.
Il silenzio e l’omertà sono alcune delle caratteristiche della struttura dell’associazione mafiosa che troviamo ben descritte nell’articolo 416 bis del Codice Penale, dove sono illustrate le peculiarità di un’associazione criminale di stampo mafioso e oltre all’intimidazione, alla manipolazione della libertà di voto e molto altro vi è la presenza del silenzio omertoso.
E dunque, affinchè “MORTO UN MAFIOSO NON SE NE FACCIA UN ALTRO”, ecco una serie di riflessioni e di indicazioni utili a combattere il fenomeno dell’organizzazione criminale di stampo mafioso, la mentalità mafiosa e l’organizzazione stessa criminale di stampo mafioso:
1- Se la conosci, la riconosci e ne stai lontano: parlare della mafia è molto importante, perché sapere che cosa è, come funziona, aiuta a riconoscerla e, quindi, ad indebolirla rimanendone letteralmente fuori. “Parlate della mafia. Parlatene alla radio, in televisione, sui giornali. Però parlatene“. (Paolo Borsellino)
2- Il “profumo” dei soldi. anzi Elizabeth Taylor affermava che “Il denaro è il migliore deodorante!”. La mafia, più spesso di quanto si creda, attecchisce soprattutto nelle situazioni di ricchezza. Poiché l’abbondanza e il benessere portano con sé implicitamente il rischio di perdita di questa stessa condizione di agio economico, la mafia finanziaria o imprenditoriale si “aggancia” proprio alle difficoltà economiche di piccole e grandi aziende, di artigiani, commercianti, imprenditori… e in tutto questo la pandemia ha creato una amplificazione delle problematiche economiche, con un maggior numero di dissesti e di perdita di lavoro, di attività, di prospettive economiche.
È importante esserne a conoscenza, ed è importate anche sapere che esistono delle soluzioni per aiutare chi è in difficoltà, come gli sportelli anti suicidio e soprattutto è importante non vergognarsi di essere in difficoltà.
3- Open your mind: La mafia ha un nemico invincibile, ovvero la Conoscenza, la Cultura, lo Studio. La mafia si nutre letteralmente dell’ignoranza, che non equivale necessariamente all’assenza di un percorso di formazione, quanto piuttosto alla mancanza di un pensiero critico, che si sviluppa e si coltiva attraverso l’apertura alla conoscenza e lo studio continuo. In altre parole si tratta di nutrire continuamente la propria mente. Ecco quindi che la scuola, attraverso la costruzione della motivazione allo studio, nonché attraverso percorsi di educazione alla legalità, costituisce un deterrente potentissimo verso il proliferare delle associazioni criminali di tipo mafioso. “Se la gioventù le negherà il consenso, anche l’onnipotente e misteriosa mafia svanirà come un incubo” (Paolo Borsellino).
Di mafia, della sua evoluzione, di ciò che la determina e di come affrontarla si parlerà nella 39esima puntata del percorso scientifico “La scienza di eccellenza a tempo del Covid-19”.
In attesa di questo approfondimento (che, come tutti gli altri, è visibile sul sito www.scienzadieccellenza.it) vi ringrazio per l’attenzione e vi saluto con un frase di Giovanni Falcone.
“Gli uomini passano, le idee restano.
Restano le loro tensioni morali e continueranno
a camminare sulle gambe di altri uomini“.
Ci rileggiamo tra 15 giorni.
CHI E’ DORIANA GALDERISI?
Doriana Galderisi è padovana d’origine e bresciana d’adozione: lavora nel campo della psicologia da più di 27 anni con uno studio in via Foscolo, a Brescia. Esperta in: Psicologia e Psicopatologia del Comportamento Sessuale Tipico e Atipico, Psicologia Criminale Investigativa Forense, Psicologia Giuridica, Psicologia Scolastica, Psicologia dell’Età Evolutiva, Neuropsicologia. Esperta in psicologia dello sport iscritta nell’elenco degli psicologi dello Sport di Giunti Psychometrics e del Centro Mental Training. E’ inoltre autorizzata dall’ASL di Brescia per certificazioni DSA (Disturbi specifici di Apprendimento). E’ iscritta all’Albo dei CTU, all’Albo dei Periti presso il Tribunale Ordinario di Brescia e all’Albo Esperti in Sessuologia Tipica e Atipica Centro “il Ponte” Giunti-Firenze.
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