LA LETTERA. Il dialetto a Desenzano? Non sia un segno di esclusione
Egregio Direttore,
qualche sera fa si è tenuta la prima seduta del nuovo consiglio comunale di Desenzano del Garda.
Il consigliere Rino Polloni (Lega Nord), neoeletto Presidente del Consiglio Comunale, nel breve discorso di insediamento ha dichiarato che bisognerà rivedere lo statuto del Consiglio, affiancando al richiamo alle radici cristiane, la valorizzazione della lingua autoctona, che potrebbe essere usata durante le sedute consiliari.
Ora aldilà di qualsiasi riflessione in proposito, bisognerebbe chiedersi quale sia la lingua autoctona. Desenzano è una città di quasi 30.000 abitanti, la sua ricchezza è data dalla sua capacità di attrarre e accogliere tanti residenti che per necessità o per scelta vivono sul suo bellissimo territorio.
Molti di loro non sono desenzanesi e neppure bresciani, ma pur avendo radici altrove sono a Desenzano radicati, poiché amano questa bella città e si sentono suoi cittadini, pur non essendo nati qui, pur non parlando, né comprendendo il bresciano .
La consapevolezza delle proprie radici, la cura delle proprie tradizioni, il mantenimento della propria lingua madre sono valori importanti e sono una ricchezza se declinati al plurale, altrimenti diventano segni di distinzione e di esclusione inaccettabili.
Mi permetta, poi, concludendo unaltra breve riflessione. Desenzano si propone di essere città turistica di valenza internazionale, forse un salto di qualità consisterebbe nella diffusione dellimpiego delle lingue straniere per fornire servizi adeguati. Utilizzare le lingue non solo per veicolare informazioni, ma anche per far conoscere la nostra storia, il nostro patrimonio, il territorio e la sua gente.
Ed invece presto ci troveremo alla giravolta dei cartelli stradali, con i nomi delle località scritti nuovamente in dialetto con questo respiro corto, non potremo proprio andare lontano.
Maria Vittoria Papa (Pd Desenzano)