Provincia di Brescia nel guado dopo le elezioni: tocca a Moraschini imprimere una svolta
(a.tortelli) La Provincia di Brescia è nel guado politico. Il tempo scorre e le decisioni da prendere diventano sempre più urgenti. Dal voto che ha consegnato la maggioranza numerica al centrodestra, infatti, è passato oltre un mese. Ma le linee programmatiche che Emanuele Moraschini ha promesso di sottoporre alle forze politiche per costruire la nuova compagine di governo non ci sono ancora. Allo stesso modo mancano le deleghe ai consiglieri. E c’è anche una certa urgenza di nominare i rappresentanti delle partecipate, a partire dal Cfp Zanardelli (con un consiglio in prorogatio e il direttore Marco Pardo che si sarebbe già dimesso).
La situazione, dal punto di vista politico, è quasi paralizzata dai veti incrociati. Moraschini, secondo indiscrezioni, vorrebbe proseguire con la gestione unitaria dell’ente, per convinzione e nella consapevolezza che governare senza un’opposizione interna è certamente più semplice.
Ma la Lega ha chiesto esplicitamente di passare alla maggioranza di centrodestra, escludendo Pd e alleati. Il Carroccio, però, è anche alle prese con pesanti questioni interne relative ai rapporti di forza (allo stato delle cose non è possibile escludere con certezza il rischio di ribaltone) e a qualche incertezza sul nome del vicepresidente: in pole ci sarebbero Fabio Rolfi (che però sarebbe inviso ad alcuni dei suoi e a Fdi, che teme un vicepresidente politicamente troppo “forte”) e il sindaco di Montichiari Marco Togni.
Fratelli d’Italia (che ha espresso Moraschini) e Forza Italia, come la civica di Maione, sono più possibilisti sull’accordo, ma non possono certo rompere con l’alleato con cui condividono decine di enti.
Sul fronte opposto la situazione non è più semplice, nonostante formalmente il centrosinistra si presenta compatto nel chiedere di proseguire l’esperienza amministrativa condivisa con il centrodestra. Ma la realtà delle cose è più complicata. Azione e il fronte di Provincia Bene Comune (che comprende Sinistra italiana, Rifondazione e i civici della sinistra ambientalista) – visto il quadro – sarebbero infatti già rassegnati alla probabile rottura dei rapporti con il centrodestra. Il Pd, invece, sarebbe diviso – con il segretario Michele Zanardi tra i due fuochi – tra chi vorrebbe rinnovare l’accordo (tra questi ci sarebbero Filippo Ferrari, tra i papabili per la vicepresidenza in caso di conferma, e pure il fronte dei delboniani) e chi invece vorrebbe tornare da subito all’opposizione, una posizione su cui – dopo qualche discussione interna e i ritardi nelle decisioni del la “maggioranza” – si è schierata ora in maniera esplicita la sinistra interna del partito.
In questo contesto appare sempre più difficile dire cosa accadrà. Il centrodestra andrà davvero da solo oppure proporrà al centrosinistra un accordo che potrebbe mettere in difficoltà Pd, Sinistra e Azione, costringendoli a dire no o spaccandoli (facendo leva sulle divisioni interne dei dem)?
Per la risposta non si potrà attendere ancora molto, ma la sensazione è che soltanto Moraschini – intervenendo subito e con decisione, dettando l’agenda e imponendo dinamiche ai partiti – possa dare una svolta concreta alla situazione in tempi ragionevoli.
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