Sandrini – rispondendo alle domande del pm, secondo quanto riferito da diversi media – ha spiegato di essere stato inizialmente agganciato da un conoscente della sua ex fidanzata in un bar che, con altri, gli avrebbe poi proposto di simulare un rapimento in cambio di denaro (200mila euro, poi saliti a 500mila).
“Quando mi è stato proposto di mettere in scena un finto sequestro di persona in cambio di denaro mi è sembrata una follia, poi però ho pensato che poteva essere una soluzione per allontanarmi dai problemi, legati all’abuso di alcol e stupefacenti, che in quel momento avevo”, ha dichiarato in aula Sandrini. Il 38enne aveva quindi accettato ed era partito per la Turchia (prima ad Instanbul, poi ad Adana), dove però si è consegnato, senza saperlo, nelle mani di un gruppo di terroristi dell’Isis.
Un rapimento durato circa 30 mesi, in Siria, tra le bombe, all’interno di una cella di 9 metri quadrati, controllato a vista da miliziani armati, con poco cibo e “solo il Corano da leggere” (nel 2017 si era convertito all’Islam). In aula, va precisato, Sandrini è stato sentito come testimone: in precedenza, infatti, era stato prosciolto dalle accuse di simulazione di reato e truffa grazie alla prescrizione. Il processo riprenderà il prossimo 3 dicembre.